19 Maggio 2024
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Gli ex dal calcio, Enrico Maria Amore: “Avellino molto importante per la mia crescita personale e professionale”

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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata

Chiunque abbia indossato la casacca biancoverde ha sempre un ricordo particolare. Il pubblico, lo stadio, l’importanza di una società tra le più gloriose del panorama calcistico italiano. C’è che ha giocato e vissuto intensamente una parentesi professionale che gli ha consentito di fare strada nel mondo del calcio e chi, magari, ha chiuso la sua carriera proprio ad Avellino. In entrambi casi Avellino è stata una tappa fondamentale. Enrico Maria Amore ha giocato per i Lupi nella stagione 1998-99 per poi trasferirsi ad Ascoli in quella successiva (dopo aver giocato una sola gara ad inizio campionato).  In Campania, il calciatore beneventano, ha indossato, oltre a quella dell’Avellino, le maglie di Turris, Salernitana e chiuso la carriera a Castellammare di Stabia. Partiamo dalla tua esperienza in Irpinia, che ricordi hai? “Innanzitutto chiarisco che qualsiasi esperienza che ho avuto, la ritengo sempre positiva, indipendentemente dalla durata e dal tempo, se sia stata breve, media o lunga, se sia stata positiva in termini di risultati o no, la considero comunque un’esperienza e una delle mie esperienze è stata quella ad Avellino, la ritengo molto importante, anche per la mia crescita personale e professionale”. Ricordi il tuo passaggio all’Avellino? “Venivo da Salerno, ero un ragazzino, avevo circa 23 anni, avevo ancora bisogno di giocare, quindi ricordo benissimo, c’è stato il contatto tra Peppe Cannella ed il commendatore Sibilia.  Da qui posso raccontarti un’infinità di aneddoti, che ovviamente, immagino, tu sapessi già, visto che spesso li hai raccontati nei libri, quindi se vuoi te lo racconto, poi se magari c’è qualcun altro che ha già te l’ho detto, vedrai di chi fidarti. Comunque, detto questo, prima era sicuramente un calcio diverso, non è paragonabile a quello che è adesso, sotto molti aspetti, soprattutto per le critiche che c’erano all’epoca, nel giocare da giovane, se si pensa che adesso in una squadra, in una rosa normale di 25 giocatori, 15 sono giovani e 10 sono un po’ più esperti. Allora in una rosa di 25, se c’era una rosa di 25, non era nemmeno così grande, 20 erano grandi, erano adulti, e c’erano quei 3-4 giovani da inserire, e quindi ecco ti fa capire tante cose, con la diversità del livello, era molto più competitivo, il giovane doveva dare molto di più per poter emergere, e c’erano dei giovani, Bravi, che mettevano degli adulti in difficoltà, e allora nacque la competizione sportiva, e così il livello si si alzò. Questo è il mio pensiero sul calcio attuale, sul calcio che è cambiato. Poi all’epoca, se non sbaglio, fu messo in lista un giocatore giovane, quindi diciamo che piano piano è cambiato tutto. Le gare che ricordi con soddisfazione? “Delle gare che sono rimaste impresse nella mia mente, ricordo che quell’anno c’erano Palermo e Juve Stabia, che lottavano per vincere il campionato. Andammo a giocare a Castellammare, loro vincevano in casa ed erano davanti a noi in campionato. Invece andammo al Menti e pareggiammo 0-0. Naturalmente vi lascio immaginando cosa sia successo. Sapete che avevamo una classificazione nella media, non avevamo nulla da pretendere, quindi abbiamo giocato in modo molto leale, rispettando i valori di questo sport, senza regali. Quindi hanno pensato che lo facessimo per una ragione correttiva, per mostrare rispetto verso una squadra della regione. Invece noi siamo andati a giocare a Palermo e abbiamo fatto la stessa cosa, quindi abbiamo fermato anche al Palermo. Diciamo che quell’anno queste due partite hanno caratterizzarono molto il nostro percorso, anche se non fu un percorso eccezionale dal punto di vista sportivo”. Siamo a caccia di aneddoti, qualcuno che ricordi? “Posso raccontarti molti aneddoti. A partire dal mio ingaggio, con Cannella ho preso appuntamento con il commendatore Sibilia a Torrette di Mercogliano, dovevamo aspettare che finisse la sua partita di carte e poi, quando ha finito, ci siamo seduti a un tavolo, mi ha fatto firmare il contratto, mentre firmavo, immagina il suo tono, perché quando racconto gli aneddoti, lo faccio sempre con la voce di Sibilia, perché è come se mi venissero meglio, è come se rivivessi le scene. Lui mi ha guardato e mi ha detto: “Questa è la Serie C, ma per Avellino questa è la Serie A”. Poi su Sibilia ci sono tanti aneddoti, quando c’era coach Geretto e ricordo cose molto particolari, quando ci allenavamo, ci piaceva iniziare gli allenamenti con una partitella, ma all’epoca c’era Sibilia, che conosci molto bene ed anche tutte le persone che ruotavano intorno a lui, che gli hanno parlato e hanno detto che non correvamo in campo, quindi l’allenamento doveva essere basato sulla corsa. Allora, cos’è successo? Quando abbiamo iniziato il riscaldamento, siamo partiti con il torello, Geretto stava già preparando gli ostacoli lungo tutto il perimetro del campo. Perché questo? Perché quando stava per arrivare Sibilia, il portiere ci avvisava e noi smettevamo, subito, di fare il Torello, perché non voleva assolutamente che ci allenassimo in quel modo e ci siamo messi a correre. Perché diceva che dovevamo correre, perché in campo, secondo lui, non si correva. Quindi immagina, al freddo abbiamo fatto la corsa a ostacoli”. Con chi dei tuoi compagni sei ancora in contatto? “Con quasi tutti, in modo particolare con Sassanelli, Trinchera, Aldo Dolcetti, Farris, che era l’allenatore, che adesso sta con Inzaghi, Di Meo, Bitetto, insomma, sono rimasto in contatto con diversi compagni di squadra. Ricordo che Sibilia era sempre attento a quello che faceva Sassanelli, ricordo che faceva i rinvii, ogni tanto sbagliava da fondo campo e a fine allenamento il Commendatore veniva nello spogliatoio, premetto che aveva problemi di vista e quindi c’era qualcuno che glielo diceva. Quando gli dicevano che Sassanelli aveva sbagliato, anche da fondo campo, lui veniva nello spogliatoio, Sassanelli, abitualmente, si sedeva accanto a me, e gli diceva: “Sassanelli, sei così una donna, a volte hai bisogno di una pausa. Questo è uno degli aneddoti, come c’era un altro bellissimo, riguardante la preparazione atletica, noi andavamo a fare la preparazione a Serino, e come sai benissimo Sibilia non voleva che perdessimo, né pareggiassimo le amichevoli, e il terrore era quando facevamo queste partite, durante la preparazione e non ottenevamo il risultato. Ricordo che una partita, ero già in procinto di passare all’Ascoli, quindi non l’ho giocata, ed ero in campo, contro la Paganese, che all’epoca era in Eccellenza. Primo tempo 0-0, quindi vi lascio immaginare, Sibyiia in campo, che ha cominciato a tirare tutti i santi, le madonne, e ha cominciato a dire, perché non corrono? Che cavolo (non era proprio così ma il senso è più che chiaro), non corrono, non corrono, il preparatore atletico, che era tutto terrorizzato, perché ovviamente si era girato e gli aveva detto: “Perché non corrono?”  era preoccupato, ha provato a spiegare all’allenatore, in modo molto calmo, siamo in fase di preparazione, purtroppo stamattina abbiamo fatto un lavoro, abbiamo fatto un lavoro molto forte, poi abbiamo fatto resistenza, insomma i ragazzi hanno l’acido lattico nelle gambe, allora si è girato e ha detto: “Voglio andare in albergo anch’io, non debbono dare ai ragazzi il latte perché non corrono (ovviamente nel suo stile, inimitabile). Ebbene potete immaginare il panico totale, nessuno voleva ridere, ma tutti si voltarono, perché non sapevano cosa fare. Ebbene, se posso, vi dirò di più, ma sarebbe un’infinità”. Allora e senza indugio. Avanti tutta. “Questo a che vedere con i miei compagni, Aldo Dolcetti, mi ricordo che quando andammo a giocare a Roma con la Lodigiani, premetto che lo stipendio con Sibilia, era sofferto ma vi dico che non ho mai perso un euro, per quello che si può dire, dipendeva sempre da come uno si comportava, era uno che in fondo faceva il duro sempre davanti agli altri, poi quando gli parlavi da solo, era il nonno affettuoso che abbracciava il nipote, un uomo straordinario. Avevamo Aldo Dolcetti, che era il più grande di tutti, lo mandavamo sempre a parlare, perché quando attendevamo lo stipendio, poi lui, una volta, dopo la partita di Roma con la Lodigiani, pareggiammo, un bel risultato, la Lodigiani in quel momento erano una bella squadra, lui è entrato nello spogliatoio, ha detto Dolcetti: “Dolcè tu la devi finire di fare il sindacalista”. Insomma un anno bellissimo, credetemi, così bello. Ah, c’era anche Pasquale Visconti, me lo ricordo, secondo portiere, insomma   è stato un anno che comunque a livello sportivo non abbiamo fatto grandi risultati, ma avevamo un gruppo eccezionale, ci siamo divertiti moltissimo, mi sono divertito tantissimo, è stata un’esperienza fantastica”. Amore è di una simpatia unica. Davvero una bella persona. Avanti un altro.

 

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Giornalista sportivo, iscritto all'albo dopo una lunghissima gavetta. Una passione malcelata per la Formula Uno.

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