13 Maggio 2024
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Gli ex del calcio, Aldo Nicoli

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Abbiamo incontrato Aldo Nicoli ex calciatore di Inter e Lazio. Cresciuto sulle strade di Milano e lì che dice di aver imparato l’arte pallonara che afferma essere meglio delle scuole calcio. Aldo ha allenato anche il Milan femminile con cui vinse lo scudetto, in quella squadra giocava Carolina Morace. Fu costretto a ritirarsi in giovane età a causa di un infortunio

Il calcio, quando lo hai scoperto?

Da bambino per strada, abitavo in una zona periferica di Milano dove, negli anni ’60, transitavano forse dieci auto al giorno. Giocare pressoché tutti i giorni per 3/4 ore è stato un apprendimento che non vale cento scuole-calcio e credo sia il motivo per cui oggi a fatica crescono talenti. Quando poi mio padre mi portò a San Siro a vedere una partita dell’Inter scattò la scintilla. In seguito, innamorato di Sivori, crebbi cercando di imitarlo.

Quando hai capito poteva diventare il tuo lavoro

Quando, dopo 26 presenze su 30 nell’Inter nel campionato 74/75, mi hanno trasferito a Foggia in serie B nell’ambito di uno scambio di calciatori. Mi opposi ma allora esisteva ancora il vincolo per cui eri costretto, salvo casi eccezionali, ad accettare. In quella occasione ho capito che il divertimento era finito e si trasformava nella mia professione.

Sei cresciuto nell’Inter cosa ricordi di quei momenti?

Ho trascorso cinque anni nel settore giovanile, di cui quattro nella squadra Primavera (i primi due sottoetà) . Sono stati anni bellissimi, in compagnia di ragazzi semplici e modesti, molti diventati professionisti. Ci tendo a ricordare l’allenatore Enea Masiero che mi seguì per tutto il percorso, una persona competente e di una umanità grandiosa. Purtroppo è scomparso ma non lo dimenticherò mai. Tutto l’ambiente era molto famigliare nonostante si trattasse di una grande società professionistica. Oggi, avendo seguito il medesimo percorso di uno dei miei figli, quel settore giovanile si è trasformato in un allevamento intensivo come polli in batteria di bambini talentuosi che si spera acquisiscano un valore economico che generi plusvalenze.

Celeberrimo un tuo gol nel derby, raccontaci quei momenti

E’ stato l’apice emozionale della mia purtroppo breve carriera. Decidere un derby a Roma all’ultimo minuto, in una cornice di stadio pieno, sotto la curva laziale, genera un’emozione indescrivibile, che credo sia indelebile anche nel cuore dei tifosi presenti. In tutti questi anni trascorsi non sono mai mancate testimonianze d’affetto della tifoseria, nelle sedi canoniche ma anche nelle occasioni più imprevedibili (in vacanza all’estero, in aeroporto, al ristorante ecc.).

La parte migliore della Tua carriera è stato alla Lazio raccontaci qualche aneddoto di questa esperienza

Ho iniziato l’avventura laziale in salita a causa di un infortunio durante la preparazione. L’inserimento in squadra è stato lento ma gradualmente mi sono conquistato la considerazione dell’ambiente, facilitato dalla presenza di tanti ottimi calciatori, chi nel pieno della maturità e chi, come Giordano, in corso di affermazione. Era un ambiente molto goliardico, come è risaputo, ma sempre professionale e ben gestito. Non ho aneddoti particolari ma voglio ricordare l’allenatore Bob Lovati, una tecnico competente ma soprattutto un tecnico capace e grande gestore del gruppo. In occasione del mio infortunio mi è stato molto vicino, anche e soprattutto quando non si occupava più della conduzione tecnica della prima squadra. Una persona straordinaria. Penso che la capacità di un allenatore di creare empatia con i propri calciatori sia una qualità fondamentale per svolgere quell’attività.

Esperienza pescarese, cosa ti ricordi

L’esperienza pescarese è stata una breve parentesi di sei mesi, tesa a verificare la mia capacità di ripresa agonistica, che purtroppo non si è realizzata, tanto che a seguire ho interrotto l’attività professionale a ventotto anni. Ma ricordo la piazza con affetto, tifosi caldi ma rispettosi delle difficoltà di un atleta, un buon gruppo di compagni ed una città molto bella.

Hai vinto uno scudetto con il Milan femminile che emozioni hai provato?

E’ stata un’esperienza sicuramente particolare, in un momento storico (parliamo degli anni ’90) in cui il calcio femminile era ancora visto con molto scetticismo. Le donne singolarmente hanno caratteristiche di caparbietà e determinazione al raggiungimento degli obiettivi molto superiori a quelle maschili. E’ palese l’inferiorità atletica, ma per un allenatore si tratta solo di adeguare le competenze calcistiche maturate al mutato contesto. L’unico limite che riscontrato è stata la scarsa solidarietà di gruppo, ma forse è stato episodico. Abbiamo vinto il campionato esprimendoci al meglio nella fase dei play-off finali in un crescendo di emozioni. E devo ringraziare Carolina Morace che in tutte le situazioni topiche si è caricata la squadra sulle spalle trascinandola al successo, insieme a compagne di assoluto valore. Anche in questo caso vorrei approfittare per ricordare il presidente della squadra di allora, l’avvocato Angelo Di Pasquale, oggi scomparso, che si spese tantissimo perché il gruppo potesse rendere al meglio.

Ora sei un imprenditore, ti occupi ancora di calcio?

In realtà sto lentamente abbandonando l’attività lavorativa, spazio alle nuove leve. Seguo sempre il calcio con la passione di chi lo ha praticato intensamente, anche se oggi è troppo inquinato da interessi di ogni sorta. Mi rifaccio con quello giovanile dilettante, dove gli animi e le passioni sono più puri. Perché a livello di quello professionistico, meglio stendere un velo pietoso.

Scudetto, dopo la Juventus chi vedi favorita

Dopo la Juve è una battaglia, se devo indicare una favorita dico Napoli, per simpatia verso la città e stima per Ancelotti.

About Adamo Recchia 202 Articoli
Sono un bancario con la passione per il calcio ed il tennis. La mia squadra del cuore? Tifo Inter,
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