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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata
Altro giro, altra corsa. Venghino siori e siori, la giosta dei ricordi è sempre in funzione. “Per una lira io vendo tutti i sogni miei”. Grande Lucio, la tua assenza pesa come un macigno. L’amarcord non conosce soste. Si passa da una stagione all’altra. Siamo buoni e vi sveliamo il trucco. Abbiamo una macchina del tempo che non necessita di manutenzione e non accusa alcuna fatica nel ‘saltare’ da un periodo all’altro. Non ci avete creduto, lo sappiamo. Come una vecchia pubblicità vi diciamo che noi siamo scienza e non fantascienza. I ricordi dei nostri lettori sono un patrimonio inestimabile, a noi l’arduo compito di rinverdirli nel narrare episodi dalla viva voce dei protagonisti. Tuffiamoci nel vivo. Siamo nel 1980, quarto anno di massima serie. L’Avellino ha già conquistato tre salvezze e chi giurava su una apparizione frugale dei Lupi inizia a fare ammenda. Una matricola che mette paura alle grandi, il Partenio che incute terrore negli avversari. Solo una parte degli ingredienti di successo di una squadra che non teme alcun confronto. Il contatto di questa settimana è con Guido Ugolotti. Nato a Massa il 28 Agosto del 1958 ha giocato con i lupi una sola annata calcistica. Attaccante scuola Roma con i giallorossi aveva, in precedenza, giocato per tre stagioni con quarantadue presenze all’attivo e ben undici realizzazioni. Giunge in biancoverde con la formula del prestito, undici presenze e tre reti. La soddisfazione di raggiungere la salvezza, la quarta consecutiva per i biancoverdi. sono passati 33 anni da quella stagione ma Ugolotti ricorda tutto come se fosse ieri e del resto per sua stessa ammissione l’esperienza in Irpinia non l’ha mai dimenticata. Iniziamo nel chiedergli perché e come giunse ad Avellino. “Venivo dalle giovanili della Roma, avevo fatto tutta la trafila ed esordito in massima serie. In tre anni giocai e segnai anche tanto. Mi riprendevo da un infortunio e chiuso dai titolari sapevo che per mettermi in mostra avrei dovuto cambiare aria e cercare una squadra dove potermi esprimere al meglio. Non mi consigliarono ma fui proprio io a scegliere Avellino. Conoscevo il valore della squadra, l’affetto del pubblico e l’importanza che ricopriva la società irpina nel calcio italiano. Fui accolto bene e feci una esperienza indimenticabile. C’erano grandi campioni, un complesso di qualità e non solo di giocatori umili e determinati. Ti dico solo il centrocampo composto da Valente, Criscimanni, e Vignola. In porta c’era Tacconi con una difesa di ferro da Giovannone a Di Somma passando per Cattaneo e Beruatto. Giocai poco per un infortunio ma alla fine raggiungemmo lo scopo ovvero restare in serie A. Fu una impresa, una fantastica avventura. Tutte le avversità le mettemmo alle spalle riuscendo a far sorridere, per quel poco che si poteva, una intera provincia che ancora piangeva i suoi morti per il terremoto”. Com’era l’ambiente a quei tempi? “Eccezionale. Basti pensare che dopo tanti anni ho ancora tantissimi amici ad Avellino. Il mio lavoro mi prende tantissimo e non ho molto tempo ma appena posso mi fa sempre piacere tornare. Venni appena sposatomi e trovai l’ambiente adatto”. Tre gol, li ricorda? “Debbo dire che quell’anno il centrocampo ci diede una grossa mano in termini realizzativi. Noi dell’attacco segnammo poco ma fummo anche flagellati da continui infortuni. Io mi feci male, toccò anche a Juary e Massa. Giocò anche Andrea Carnevale che era giovanissimo a quei tempi. Feci due gol contro l’Ascoli proprio quel 23 Novembre ed uno contro L’Udinese in quella sfortunata trasferta. Perdemmo cinque a a quattro in una gara bellissima e ricca di capovolgimenti di fronte. A distanza di anni ancora ci penso, l’arbitro ebbe la brillante idea di concedere un calcio di rigore proprio allo scadere, c’era una nebbia fittissima, non si vedeva ad un palmo di naso. Segnò Zanone. Dopo la gara contro l’Ascoli incappammo in due sconfitte consecutive. A noi servivano i punti per la salvezza ed a Pistoia ed Udine tornammo a mani vuote. Il Pubblico ci fu sempre vicino e dico di più, per quanto successoci con il terremoto, la nostra salvezza fu un vero miracolo e se non ci fossero stati quei magnifici sostenitori non ce l’avremmo mai fatta. Il merito è stato di quella gente. La salvezza fu una conquista per l’intera provincia, noi sapevamo quanto contasse e ce la mettemmo tutta”. Sa c0s’è la legge del Partenio? “Eccome. Da noi era difficile pareggiare, figuriamoci vincere. Tutto vero, le squadre avevano il timore di affrontarci al Partenio. Lo stadio era sempre pieno ed i tifosi ci sostenevano per tutti i novanta minuti”. Se ne parlava dappertutto di quell’Avellino? “Anche a Roma, tutti sapevano che giocavo con l’Avellino e molti erano curiosi di sapere come era possibile che una città cosi piccola fosse in grado di giocare in massima serie. Quali erano i segreti. Uno solo in realtà, un tifo eccezionale”. Lei ha giocato ad Avellino e Pisa, due presidenti tra i più carismatici del panorama calcistico italiano e vale a dire Sibilia e Anconetani, pregi e difetti di entrambi. “Inizio subito nel precisare che gente del genere nel calcio di oggi non c’è più e solo loro potevano creare dei miracoli calcistici come Pisa ed Avellino di quegli anni. Molti simili, grandi competenti ma con sfaccettature diverse, Sibilia era più diretto e lo preferivo senz’altro ad Anconetani. Anche a Pisa mi sono trovato bene, ritrovai Vinicio che avevo avuto ad Avellino. Ricordo che quell’anno c’era anche Casale che fece un campionato stupendo, segnò tantissimo e l’anno dopo andò al Napoli”. Lei ha allenato il Benevento ed adesso la Casertana. Non c’è due senza non trova, quale sarà la prossima squadra campana? “Io sono nato al Nord ma ho sempre vissuto al Sud, ho casa a Roma ma mi considero a tutti gli effetti uno di voi. Lo so dove vuoi andare a parare. L’Avellino ha un bravo allenatore che sta facendo benissimo, non ha bisogno di altri ma è chiaro che allenare gli irpini è una grande soddisfazione per chiunque, figuriamoci per il sottoscritto”. Un parere sulla stagione in corso della compagine biancoverde. “Ottima stagione, un inizio che ha superato le più rosee previsioni. Ha fatto bene la società a confermare gran parte dei giocatori della sorsa stagione preso uno come Galabinov. Non tutti avrebbero scommesso sul bulgaro”. Siamo alla fine, ringraziamo Ugolotti per la sua disponibilità. A lui dobbiamo, come ai suoi impareggiabili compagni di squadra, un ringraziamento particolare per l’importante salvezza del 1980-81. Lupi si nasce, non si diventa. Altro giro, altra corsa. Ci mettiamo in moto per cercare un altro grande ex. Non perdeteci di vista, potreste pentirvene.
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