13 Maggio 2024
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Gli ex del calcio: Giancarlo Ceccarelli. “Eravamo davvero un bel gruppo e meritammo la promozione”

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Intervista di Michele Pisani  @riproduzione riservata

C’è chi viene, chi resta e chi va via. Il mondo è mobile e non la donna, come cantava qualcuno. Non riusciamo a staccarci, non possiamo fare a meno di ‘cadere’ nell’ennesima, trappola. Quale? Quella di continuare a cercare i calciatori che hanno indossato la mitica maglia biancoverde. Pretendiamo un riconoscimento pubblico, anche da così lontano, (Romania) siamo presenti. Per l’ennesima volta. Ci piace ricordarlo, gonfi in petto e con la presunzione di chi sa quello che fa.  I guai sono altri ma una cosa lasciatecela scrivere. Ha dell’incredibile. Avellino è una città piccola ma ha un numero, al momento imprecisato, di giornalisti di ‘fama internazionale’. Gente che il calcio lo capisce come pochi. Capaci di parlare bene della squadra anche dopo una sconfitta senza attenuanti. Insomma e per farla breve Tonino Carino al loro confronto è un dilettante. Scusate ma non è più semplice scrivere che l’Avellino ha raccolto solo tre punti nelle ultime cinque gare? E che la colpa è di qualcuno, magari quelli che scendono in campo o chi li schiera, senza menarla troppo per le lunghe. Il tifoso conosce il calcio e sa bene quando la propria squadra merita o meno di vincere. Non serve ergersi ad ‘estremisti’ di una fede, soprattutto se poi avete uno scheletro nell’armadio sotto forma di una sciarpa di una squadra di serie A. Assurdo. Altro giro, altra corsa.


Risultati immagini per giancarlo ceccarelli avellino 1977-1978

Ennesimo appuntamento con l’amarcord. La macchina del tempo non conosce soste, questa volta ci ‘fermiamo’ nel 1977, l’anno della vittoria del campionato cadetto. Un momento storico, indimenticabile, incancellabile. L’Avellino grazie a quei ‘ragazzi’ conosce la gioia della prima apparizione in massima serie. Giancarlo Ceccarelli è stato un calciatore di quella magnifica cavalcata, ha contribuito alla realizzazione del più grande sogno del tifo biancoverde. Classe 1956, ha mosso in primi passi nella primavera della Lazio assieme a Manfredonia, Giordano e Montesi. Con gli aquilotti ha vinto lo scudetto primavera nel 1975-76. Un metro e settantasei per sessantanove chilogrammi. Di ruolo centrocampista, nato a Frascati, ci tiene a precisarlo, con i Lupi ha giocato ventisei gare e segnato due gol. Rintracciato grazie ai buoni aspici dell’amico Angelo Picariello, è felice di sapere che dopo tanti anni c’è ancora chi si ricorda di lui. “Conoscevo l’enorme valore del tifo biancoverde ma non mi aspettavo tutto questo affetto dopo tanti anni. Pensa che a Roma, nel club biancoverde, c’erano molte persone che mi chiedevano di farmi una foto con loro. Emozionante, ho giocato un solo anno ed è passata una vita ma per loro, evidentemente, non è cosi”. Come è arrivato ad Avellino? “Dopo un anno a Brescia fui contattato da Carosi che mi conosceva bene. Accettai subito, Avellino era una piazza importante. Sapevo che potevo giocare e mettermi in mostra. Dopo tanti anni so che feci bene, grazia ai biancoverdi ho iniziato la mia carriera. Devo tanto alla società ed ai tifosi che mi hanno sempre sostenuto”. Una stagione culminata con la promozione ma l’inizio non fu proprio esaltante. “Infatti pareggiamo la prima in casa contro l’Ascoli che stracciò il campionato con una super corazzata. Ci fu una contestazione anche abbastanza pesante ma poi tutto andò per il meglio con una serie di risultati positivi, interrotta solo all’ottava giornata con la sconfitta di Lecce”. Eppure partiste per salvarvi, cosa successe in seguito? “In effetti eravamo una squadra composta da giovani e da calciatori che non trovavano spazio in massima serie. Solo la forza di volontà e tanta determinazione ci portarono a raggiungere un obiettivo a dir poco insperato alla vigilia”. Cosa avevate più degli altri e cosa vi mancava. “Avevamo tutto o quasi. Non segnavamo molto ma la nostra difesa era robustissima. Una volta passati in vantaggio era difficile che ci facessero gol. In attacco c’erano Marco Piga, Chiarenza Tacchi e Ferrara. In difesa avevamo Reali, Croci Cattaneo e Di Somma e non credi che bisogna aggiungere altro”. Anche a centrocampo non scherzavate. “In effetti c’era la classe di Lombardi e la qualità di gente come Montesi e Mario Piga ma consentimidi dirti che eravamo davvero un bel gruppo e meritammo la promozione”. Il momento più bello? “Tanti, In assoluto la gara di Genova con il gol di Mario Piga. La vittoria che consentì all’Avellino di entrare nel calcio che contava e dalla porta principale. La sera dopo il match di Genova mi fermai a casa e solo dopo seppi cosa successe ad Avellino”. In che senso? “La città impazzì di gioia, una festa incredibile. Ho visto tutto dopo e capisco di essermi perso una manifestazione di gioia incredibile. Ad Avellino si fermò tutto, la gente era come drogata ma di pura felicità”. Adesso si rende conto di quanto avete fatto per questa città ed i suoi inimitabili tifosi? “Dopo circa trentotto anni ho realizzato che ho partecipato ad una e vera propria impresa e sarò sempre riconoscente alla gente di Avellino. Mi sono emozionato assistendo ad una festa nel club biancoverde di Roma. Non me lo aspettavo. Erano in tantissimi”. Carosi? “Un grande uomo, un allenatore come pochi. Con lui mi sono trovato benissimo”. I suoi ex colleghi? “Ho rivisto ultimamente Salvatore Di Somma, in estate ho riabbracciato i fratelli Piga, sono andato in Sardegna ma con qualche altro mi sento al telefono”. Si ricorda i suoi due gol? “Uno di sicuro alla Sambenedettese, l’altro non me lo ricordo”. Ci parli dell’esperienza in Irpinia. “Parto dalla fine. Carosi andò alla Fiorentina, venne Marchesi che non mi assicurò il posto da titolare ed io decisi di andar via. Peccato. Però ho avuto tanto anche in termini economici. Ad Avellino fui preso per undici milioni a stagione, passai alla Sambenedettese e mi portarono il contratto a ventotto e tutto grazie a quella splendida stagione in biancoverde. Gente eccezionale, tifo unico che ti aiutava in tutte le circostanze, un valore aggiunto”. Ora? “Vivo da sempre a Frascati, produco vino e ogni settimana gioco a calcio con i miei vecchi compagni della Lazio. Mio figlio gioca a calcio da attaccante ed io per non stare del tutto fermo ho anche una scuola calcio. Mi diverto tantissimo”. Segue l’Avellino? “Certo che lo seguo e tifo per i biancoverdi. Ovvio”. Simpatico come pochi, schietto e sincero. Una persona davvero eccezionale. Giancarlo Ceccarelli è uno che si emoziona ancora a parlare dell’Avellno, come noi. Uguale. Altro giro, altra corsa. L’ennesimo appuntamento con l’amarcord volge al termine. Non perdeteci di vista, potreste pentirvene.

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Giornalista sportivo, iscritto all'albo dopo una lunghissima gavetta. Una passione malcelata per la Formula Uno.

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