22 Ottobre 2024
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Gli ex del calcio: Carlo Trevisanello. “Sarei tornato volentieri. Era un mio sogno rindossare la casacca dei Lupi”

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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata


Insert coin. Altro giro, altra corsa. Il treno dei ricordi affronta l’ennesimo viaggio nel passato. Venghino siori e siori, accomodatevi. Il prezzo del biglietto è praticamente nullo. Solo la pazienza di leggere ma crediamo sia un piacere. Si rinnova l’appuntamento con l’amarcord, quello vero. Diffidate dalle imitazioni. Sono anni che li cerchiamo, instancabilmente. Uno dietro l’altro. Lo abbiamo promesso e li scoveremo tutti. Questa è la volta di Carlo Trevisanello, fratello di Stefano. Entrambi hanno giocato con l’Avellino come i Mario e Marco Piga, Stefano e Claudio Pellegrini. Avellino è e resta un grande famiglia. Non trovate? Carlo Trevisanello è nato a Venezia nel 1957, alto un metro e settantacinque per settantadue chilogrammi. Centrocampista che spesso ha anche ricoperto il ruolo di terzino. Questo Wikipedia non lo dice e forse non lo sa. Un altro errore, entrambi hanno giocato in massima serie ma mai con l’Avellino. Carlo giunse nel 1976, proveniva dal Bologna ed ad Avellino c’era ad aspettarlo suo fratello. Ecco il primo, gustoso, retroscena. “Lo ammetto, non venni con entusiasmo ad Avellino. Avevo la ragazza a Bologna, avevo giocato in massima serie dopo due stagioni con il Venezia, club con il quale ho mosso i primi passi. Franco Landri mi volle, c’era già Stefano. Acettai Avellino, avevo avuto un problema con l’allenatore dei felsinei, era comunque una piazza importante. Pensavo che sarebbe stato per me solo un anno di transizione. Invece…”. Se permettete ci fermiamo qui, solo per il momento. Il piatto forte ce lo conserviamo per dopo. Carlo non ama le formalità. Ci mette a nostro agio, gli diamo del tu, lui lo pretende e noi lo accontentiamo. Gli chiediamo, anzi lo sfidiamo sui ricordi. Risultato? Non ha dimenticato nulla. Una memoria di ferro. Chapeau. A distanza di circa quarant’anni ricorda anche la formazione titolare. “Feci l’esordio in Coppa Italia proprio contro la mia ex squadra e vale a dire il Bologna. Mi infortunai in un contrasto con Angelo Cereser. Rimasi fuori per alcune giornate. Entrai a campionato iniziato, poi non mi fermai più tranne per una squalifica. Ho giocato trentuno gare e segnato due gol”. Altra prova, contro chi segnasti? “Facile. Contro il Pescara ed il Modena. Vuoi anche i risultati finali ?” No, mi fido. Bene, passiamo alla formazione. “Pinotti in porta, la linea difensiva composta da Cavasin e Schicchi più Facco e Reali. Centrocampo a quattro con Boscolo, io, Lombardi e Gritti. In attacco Capone, mio fratello e Traini. Posso dirti che spesso, capitava, che io venissi impiegato come terzino al posto di Cavasin. Quando c’era un’ala veloce, il mister preferiva cambiare l’impostazione della squadra. Capitò contro l’Atalanta per esempio, di fronte avevo Pietro Fanna che ti lasciava sul posto se non eri veloce”. C’erano dei buoni giocatori ? “Senza dubbio. Tutti bravi. Capone era un vero fuoriclasse, Giorgio l’ho ritrovato a Catanzaro. Non aggiungo altro, un gruppo di veri uomini”. Un aneddoto curioso. Ci riferisce Felice D’Aliasi, noto opinionista di fede irpina, che durante una gara tra Avellino ed Ascoli, tu saltasti come birilli cinque giocatori irpini ma poi sopraggiunse Di Somma che ti fece, letteralmente, volare. Te lo ricordi? “Può essere. Prima il calcio era più maschio e a volte o ti fermavano con le buone o con le cattive. Di Somma è stato un grande giocatore, imponente solo a guardarlo, incuteva timore. Posso dire che l’ho considerato uno tra i migliori difensori che ho incontrano in tutta la mia carriera. A Di Somma lo poteva saltare solo una volta perché non te ne dava una seconda. Ai miei tempi spesso ti scontravi con i tacchetti di alluminio, oggi sono di gomma. Se capitava qualche avversario che usava questi ultimi anziché in alluminio ti spingevi a cercare di superarlo con maggiore determinazione in quanti i danni erano più sopportabili’. Noi cosa facciamo? Chiamiamo Di Somma. Al telefono non risponde, attacca la segreteria, un solo minuto ed è lui che ci richiama. “Michele che è successo ? “Mister vi ricordate di Carlo Trevisanello? E come lo fermaste durante la gara tra Avellino ed Ascoli? “Il capitano inizia a ridere. Tutto vero. Gli feci fare un volo incredibile. Carlo mi era simpatico. Un bravo ragazzo, un bel giocatore. Caro Michele allora era così, con le buone o con le cattive”. Sempre D’Aliasi ci racconta che contro il Verona diceste a Stefano, il fratello di Carlo, di fermarlo senza farci troppo male. Altra risata, i ricordi riaffiorano. “Chiamai Paolo e gli dissi che a quel giocatore (Trevisanello) non doveva strapazzarlo troppo. Beruatto andò da Stefano e gli chiese se era un ex dell’Avellino. Dopo la sua riposta capì che perché ero stato indulgente contro un avversario“. Grande il nostro capitano. Un giocatore dai piedi buoni come ripete sempre Pasquale Casale. Torniamo, dopo questa felice parentesi, al campionato di Carlo con la maglia dell’Avellino. “E’ stata una tappa fondamentale, formativa anche sul paino caratteriale. Il tifo ti fa stare bene, un ambiente come pochi”. Sei tornato da ex, come andò? “Segnai il gol del momentaneo pareggio nella gara del 23 Novembre del 1980. la sera ci fu il terremoto, ricordo che partimmo dopo le tremende scosse. Una tragedia per tutta l’Irpinia, una grande ferita per il popolo campano”. Lo sai che si dice che chi viene al Sud piange due volte. Quando arriva e quando se ne torna a casa. “Vero, io sarei tornato volentieri. Era un mio sogno rindossare la casacca dei Lupi”. Siamo alla fine ma torniamo, magicamente, all’inizio, a quell’invece con i sospensivi. “Si. Avellino non è stata solo una esperienza, un anno di transizione ma molto di più. Avrei voluto restare e magari anche continuare per alcuni anni. Lo sai che potevo ritornare? Lo ricordi a Pasquale Fiore, l’ex portiere dell’Avellino? Era nell’anno della retrocessione. Vinicio allenava la squadra. Io ero sotto contratto con il Venezia di Zamparini ma da un anno che mi allenavo da solo. Ero veloce, mi sentivo bene. Venni a vedere l’Avellino in ritiro ad Abbadia San Salvatore. Giocava contro la locale formazione, dopo un tempo erano ancora zero a zero, non riuscivano a fare gol. Stavo in tribuna assieme ad alcuni tifosi dell’Avellino tra cui uno che era molto conosciuto. Io gli dissi che in queste situazioni bisognava allargare sulle fasce, essere veloci e che io avrei fatto gol. Nell’intervallo mi faccio un panino con la porchetta, lo stavo digerendo quando mi chiama questo capo tifoso e mi dice che mi vuole Vinicio. Scendo, gli parlo ed indosso la maglia. Faccio cinque gol. Continuo la preparazione, giochiamo contro il Licata, altri gol e buona prestazione. i sono andato molto vicino ad essere ingaggiato. peccato, resta un mio sogno irrealizzato”. Poi mi domanda: “Michele ma l’Avellino? Perde in casa con l’ultima e vince a La Spezia. Meglio affrontare le squadre che ti fanno giocare, io tifo Avellino sia ben chiaro”. Come poteva essere altrimenti. Carlo è un uomo molto garbato, socievole ed un grande appassionato di calcio. Una piacevole sorpresa. Ci risentiremo, sarà un piacere parlare con lui di calcio. Insert coin. Altro giro, altra corsa. Il treno dei ricordi affronta l’ennesimo viaggio nel passato. Venghino siori e siori, accomodatevi. Siamo giò pronti per l’ennesima avventura. Non perdeteci di vista, potreste pentirvene.


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Giornalista sportivo, iscritto all'albo dopo una lunghissima gavetta. Una passione malcelata per la Formula Uno.

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