22 Ottobre 2024
  • www.footballweb.it e’ una testata giornalistica
  • registrata presso il Tribunale di Napoli Nord –
  • Numero registrazione 22 cronologico 4288/2016.
  • Editore: Gianni Pagnozzi;
  • Direttore Responsabile: Michele Pisani

Gli ex del calcio: Salvatore Soviero

Views: 147

Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata

Altro giro, altra corsa. Il treno dei ricordi è atteso per un altro racconto. L’ennesimo. L’interlocutore di turno è un vero personaggio. Un atleta che ha calcato per più di vent’anni i campi di tutta Italia. Nato a Palma Campania, a pochi chilometri da Avellino, nel millenovecentosettantatre vi è ritornato per allenare la locale squadra che milita in Eccellenza. Nel suo lungo tragitto calcistico ha indossato le maglie di Perugia, Carpi, Fermana, Cosenza, Genoa, Salernitana, Venezia, Reggina, Crotone, Juve Stabia e chiaramente Avellino. Con la maglia biancoverde ha giocato una sola stagione nel millenovecentonovantasei, ventuno gare al suo attivo, subendo solo dodici reti. Uno dei portieri meno perforati della gloriosa storia dell’Avellino calcio. Salvatore Soviero è stato uno che ha fatto parlare molto di se, soprattutto per il suo grande temperamento. Non ama le frasi fatte, non parla per compiacersi il lettore ma dice solo quello che pensa. Sempre. Sasà Soviero è cosi, come lo vedi. Sanguigno, mai scontato  ma anche intelligente e possiamo garantirvi che questa qualità traspare sin dalle sue prime parole. “Non so se ad Avellino si ricordano ancora di me ma io mi ricordo di loro e della bella esperienza passata in Irpinia”. Non ha peli sulla lingua e l’impressione è che in seguito Soviero dirà solo quello che ritiene essere il suo pensiero anche a costo di non piacere. Partiamo dall’inizio, il tuo trasferimento in biancoverde. Era il 1996. “Giocavo nella Fermana, eravamo quinti in classifica. A Novembre mi chiamarono, mi voleva Sibilia. Accettai anche se i Lupi erano ultimi. Una chiamata da Avellino non si poteva rifiutare. Quello era il calcio vero”. Una stagione incredibile, il rischio di una concente retrocessione, anche l’ambiente l’aveva accettato seppur mestamente. L’anno prima la compagine irpina venive dalla retrocessione dalla B. Tre allenatori, prima Di Somma, poi Zoratto infine Casale.  “Facemmo un vero miracolo. La difesa con il mister cervinarese risultò a fine stagione una delle più forti dell’intero girone”. Quali furono i meriti di Casale ? “Molti. Seppe trasformarci. Guarda Michele io ti dico una cosa, con il mister non ho avuto un rapporto idilliaco e per questo sono più credibile. Casale è stato un grande allenatore, un avveniristico che ha giocato con vent’anni di anticipo con quattro davanti. Ci salvammo alla penultima di campionato dopo una rincorsa senza precedenti”. Com’era quella squadra ? “Un buon gruppo. Calciatori di valore come Totò Fresta, Camorani e Guidoni. Ricordo che c’era Radice, uno che ci sapeva fare ma portava addosso la responsabilità di avere un padre famosissimo e credo che questo lo abbia penalizzato. Giocavamo con quattro in avanti. Ripeto fu una bellissima esperienza che mi aiutò molto a crescere porfessionalmente”. In venti anni di carriera non sei stato più di due anni in una squadra, il motivo ? “Non me lo so spiegare. Ho fatto sempre il mio dovere dovunque sia andato. Giocavo e davo tutto me stesso per la società che mi ingaggiava. Tu, forse, vuoi dirmi che non sono stato una bandiera.” Ecco, che ne pensi a tal proposito ? “Io non credo che esistano bandiere ma solo calciatori. Chi resta dieci anni sempre in una squadra scende a compromessi che io non ho mai accettato. Mi spiego. In vent’anni ne ho viste di tutti i colori. Calciatori che il Giovedì si incontrano con i tifosi per farsi sostenere la domenica allo stadio, io non ho mai avuto sponsor ma solo la mia forza di volontà. Sono arrivato a giocare anche in serie A e certo non per i miei meriti legati al rapporto con i tifosi”. Parliamo dei tifosi, il tuo rapporto con loro ? “Ci sono tifosi eccezionali come quelli che ho trovato nel mio anno ad Avellino ma lascia che ti dica una cosa. Alcuni calciatori, pur di tenerseli buoni,  si sono inventati la storiella del dodicesimo uomo in campo. I tifosi non ti fanno vincere una partita. E’ una cosa inesatta. Probabilmente possono contribuire a fartela vincere ma sono certo che possono fartela perdere”. In che senso ? “Nel senso che se se la prendono con un giocatore in particolare e se quest’ultimo  non regge lo stress la frittata è fatta. Alcuni per interessi personali hanno anche spinto i tifosi ad attaccare alcuni giocatori. In vent’anni ne ho viste di tutti i colori. Intanto ti dico che io non ho mai chiesto aiuto ai tifosi per farmi sostenere e mi hanno sempre giudicato per quanto ho dato in campo e non per le mie relazioni che non ammettevo”. Giusto per capirci, chi è che vince una partita ? “I giocatori e l’allenatore, quest’ultimo fa la differenza. Spesso si perdono le gare per le scelte sbagliate dell’allenatore”. Parliamod i quest’ultimo, nella tua carriera ne hai incontrati di buoni e di meno buoni. Citane qualcuno. “Ti dico subito una cosa, al porco puoi anche mettergli la cravatta ma alla fine resta sempre un porco.  Ne ho avuti parecchi, ti cito alcuni. Oddo è stato il più completo, aveva un secondo eccezionale che tra l’altro è proprio di Avellino. Parlo di Picone che sapeva fare bene il suo lavoro. Il secondo di solito è uno che riporta tutto all’allenatore e lui non lo faceva. Osservava e riferiva solo quello che era utile. Come qualità di gioco senza dubbio dico Zeman. Sul piano umano per me Rossi è stato il migliore e per quanto riguarda quello che mi ha stupito per me Casale è stata una piacevole sorpresa. E’ stato un calciatore che ha avuto esperienza a grandi livelli e la sua conoscenza l’ha messa  a disposizione di tutti. Uno che era troppo avanti rispetto agli altri. Dico che se avesse accettato dei compromessi avrebbe allenato con più intensità ma nel calcio non sempre i bravi vengono premiati, allena chi si sa vendere e sa compiacere la propria tifoseria”. Altre parole che fanno riflettere. Non è finita. Vuoi aggiungere dell’altro? Si. Gli allenatori che scelgono i calciatori che hanno sbagliato e sono stati coinvolti in alcuni scandali sono anche loro colpevoli”. Soviero ne ha per tutti, basta solo aspettare. Ti ha allenato anche Mazzarri, che ricordo hai? “Ho giocato in A e non per merito suo. Fu il presidente che mi volle a tutti i costi e pretese di farmi giocare, se fosse stato per il tecnico livornese non avrei collezionato nemmeno un minuto in massima serie”. Tocca ai giornalisti. “Non ho mai avuto un buon rapporto con i giornalisti che tendevano sempre a mettere in risalto le mie gesta ma in negativo. Io sono cosi come sono, non avrò un carattere docile ma non mi pento di nulla. Probabilmente con un carattere diverso non avrei fatto la carriera che ho fatto. Chiaro ? “Chiarissimo ma raccontami qualcosa in più. “Pensa che una volta da un giornale nazionale ebbi otto per la mia prestazione, quelli locali mi rifilaro un bel quatto. Chi aveva ragione ?”. Gli chiediamo di procuratori e direttori sportivi, un invito che non resta inascoltato. “Oggi giocano i calciatori che hanno i direttori sportivi che contano. Le società non sono più dei presidenti che cacciano i soldi ma di chi detiene il potere. Qualcuno ha anche vestito la maglia della nazionale mentre altri, molto più bravi, fanno fatica a trovare un ingaggio”. Per noi il Soviero calciatore è più famoso di quello costruito come personaggio però anche tu sei cascato nella rete o no ? “Se ti riferisci alle liti in campo io sono così e in generale non mi pento ma qualcosa la voglio dire. So di aver sbagliato  nel caso del litigio con Del Piero ma le cose non sono andate esattamente così. Le telecamere mi hanno beccato solo quando mi sono lasciato andare ma in realtà c’è dell’altro. Del Piero mi fece ammonire e continuava a richiamare l’attenzione dell’arbitro e per me era eccessivo. Tutto qui”. C’è un video su youtube con SuperSasà che, diciamo, ha un diverbio con un guardialinee. Un milione ed ottocentomila visualizzazioni. Cosa vuoi dirci ? “In un primo momento considerò buono il mio disimpegno, poi sotto pressione del pubblico di casa, chiamò la palla fuori. Il resto lo sapete già”. La nostra impressione è che molti provassero a farti arrabbiare, avversari, giornalisti, e pubblico. Come se qualcuno volesse prendersi qualche merito. “Hai ragione. Pensa che c’erano allenatori che per poi vantarsi di aver sbattuto in panchina Soviero, le tentavano tutte, in realtà ho sempre giocato. Come te lo spieghi?”. Non ci siamo mai permessi di dare un voto ad una intervista, in questo caso facciamo una eccezione. Soviero merita dieci per la sua onestà e perché siamo sicuri che molti la pensano come lui. Siete d’accordo? L’intervista termina qui ma voi potete, anche con calma, riflettere su quanto detto da SuperSasà e se vi va, appena potete, andate a rivedervi le numerose parate di un portiere che è stato tra i più forti degli ultimi anni. “Quando tutti pensano nella stessa maniera, allora nessuno pensa veramente” (Walter Lippmann). Altro giro, altra corsa. Alla ricerca dell’ennesimo ex che ha vestito la maglia biancoverde


About Michele Pisani 2952 Articoli
Giornalista sportivo, iscritto all'albo dopo una lunghissima gavetta. Una passione malcelata per la Formula Uno.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.