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Due trofei, la squadra italiana ad aver vinto di più nel 2014. La premessa è ottima per raccontare l’anno del Napoli, ma i momenti brutti non sono mancati. Ciò che ha consentito di mettere questi due trofei in una bacheca che di certo non grondava titoli, è stata la forza di sapersi rialzare dai momenti difficili. Il 2014 si è aperto con un Napoli già tagliato fuori dalla lotta scudetto, Juve e Roma avevano un altro ruolino di marcia anche se i bianconeri mostravano di avere ancora qualcosa in più, il 3-0 ad inizio anno nello scontro diretto a Torino proprio contro i giallorossi, dava la giusta dimensione. Però, gli azzurri partirono col botto battendo 2-0 la Sampdoria al San Paolo e ruggendo al Bentegodi piegando con un tris il Verona di Mandorlini in una sfida tanto attesa. Segnare cinque reti senza subirne alcuna, fu un dato importante per un Napoli che subiva parecchio. Ci si chiedeva se non si fosse trovato il tanto sospirato equilibrio tra i reparti. Si iniziava a fare anche un pensierino al secondo posto, del resto era appena finito il girone d’andata, tutto poteva ancora succedere. Solo la Juve sembrava irraggiungibile dal momento che non falliva un colpo, ma la Roma pure non ci scherzava riuscendo anche a riaversi subito dal ko di Torino. Però, facendo la corsa su due squadre quasi infallibili, perdere punti può decretare la fine dei sogni. Lasciò tanta amarezza il pari di Bologna: si riuscì a ribaltare l’iniziale svantaggio ma, proprio allo scadere, arrivò il pari felsineo quando già si pregustava il terzo successo di fila. Quel pari ebbe delle ripercussioni sul morale della squadra che non riuscì neanche a battere il Chievo in casa per poi sprofondare in quel di Bergamo. Si aprì una mini-crisi e c’era da giocare la semifinale d’andata di coppa Italia in casa della Roma. Il primo tempo fu da horror. Le reti di Gervinho e Strootman sembravano aver già steso il Napoli. Era il momento più delicato della stagione, l’Olimpico era una bolgia di entusiasmo, si rischiava di uscire con le ossa rotte e con il morale a pezzi. De Laurentiis era in tribuna e scese subito negli spogliatoi, bisognava fare qualcosa e in fretta. Così, quasi per magia, dagli spogliatoi entrò un Napoli completamente diverso che accorciò prima le distanze con Higuain per poi annullarle con Mertens. Poteva andare più che bene visto il ritorno al San Paolo, ma bisognava fare i conti sempre con i soliti problemi difensivi e Gervinho segnò il gol del 3-2. La sensazione fu che ad uscire meglio fosse stato il Napoli che, in campionato, strapazzò il Milan per poi attendere la Roma tra le mura amiche. C’era l’aria delle grandi occasioni per il ritorno con la finale di coppa Italia come posta in palio. Il Napoli doveva vincere, bastava anche l’1-0 ma era comunque un rischio. Il primo tempo si chiuse proprio con gli azzurri in vantaggio di un gol grazie a Callejon. Con quel risultato, si volava in finale ma era troppo un rischio. Il secondo tempo era iniziato quando, dalla Tribuna Vip, iniziò una concitazione mai vista. Qualcosa stava succedendo perché nessuno si accomodava più sulla rispettiva poltroncina, tutti avevano il cellulare in mano, quando si vide la sua sagoma stagliarsi tra le tante guardie del corpo, allora tutto divenne più chiaro: si era concretizzata la voce, Diego Armando Maradona era al San Paolo. E neanche il tempo di prendere posto, che gli azzurri si trasformarono e annientarono la Roma in pochi minuti. Prima Higuain e poi Jorginho spensero ogni velleità dei capitolini, con il Pibe de Oro letteralmente impazzito dalla Tribuna. Napoli-Roma 3-0 e azzurri in finale di coppa Italia. La Roma ritornò al San Paolo per il campionato e fu giustiziata da Callejon, purtroppo, quella partita servì al Napoli più per blindare il terzo posto che per altro, furono troppi i punti persi contro le squadre medio-piccole. Il campionato aveva espresso già i suoi valori, il podio era ormai stabilito anche a parecchie giornate dalla fine. Juve prima, Roma seconda e Napoli terzo. Però, gli uomini di Conte dovevano ancora giocare al San Paolo. E gli azzurri sciorinarono un’altra prestazione sontuosa: Callejon e Mertens regalarono un bel successo al Napoli ma ci fu una superiorità netta sul rettangolo di gioco, i bianconeri non entrarono mai in partita. Intanto si avvicinava la data della finale di coppa Italia. E quel 3 maggio, nella Capitale, successe di tutto. Il pre-gara fu turbato dagli incidenti avvenuti fuori allo stadio con un tifoso della Roma che aggredì dei tifosi partenopei. La responsabilità fu anche di chi non riuscì a garantire la sicurezza e l’ordine pubblico, sta di fatto che Ciro Esposito, tifoso del Napoli, si ritrovò in fin di vita. Nella curva dei tifosi napoletani si sparse la notizia della morte di Ciro e, in quel caso, non ci potevano essere le premesse per giocare la finale. Dall’ospedale arrivava la notizia che Ciro stava ancora lottando per la vita e così, per non bloccare tutto, si decise di giocare. Purtroppo, i media hanno sbattuto in faccia all’opinione pubblica l’immagine di Genny a’ Carogna come colui che aveva deciso se giocare o meno la finale. In realtà, è stata una distorsione creata ad arte per insabbiare la responsabilità di chi non aveva saputo gestire l’evento facendo sì che un tifoso di una squadra che non giocava la finale, riducesse in fin di vita un altro giunto a Roma per seguire la propria squadra del cuore. Comunque, sul rettangolo di gioco fu un Napoli straordinario nei primi 45′, la doppietta di Insigne sembrava aver già indirizzato la partita ma, proprio sul finire del primo tempo, l’ennesimo svarione difensivo consentì a Vargas di accorciare le distanze. Fu una ripresa di sofferenza per gli azzurri ma, ai titoli di coda, la rete di Mertens consegnò la coppa Italia al Napoli. Purtroppo, dopo 50 giorni di agonia, tutta Napoli pianse la morte di Ciro Esposito, con la famiglia che commosse tutta Italia dando un grandissimo esempio di umanità e civiltà, mentre ai media era stato dato in pasto il mostro di Genny a’ Carogna.
In estate, ci si aspettava qualche botto di mercato per colmare il gap con Juve e Roma che, a loro volta, si rinforzavano parecchio. Il Napoli aveva anche i preliminari di Champions da disputare e l’urna non era stata benevola: per accedere ai gironi bisognava superare gli spagnoli dell’Athletic Bilbao. La tifoseria, però, era spazientita perché la campagna acquisti era stata deludente, non ci si era affatto rinforzati. Intanto si avvicinava la sfida che valeva una stagione, anzi, la doppia sfida, mentre la Supercoppa contro la Juventus era stata rinviata al 22 dicembre. Si era arrivati alla partita contro la compagine basca con molti giocatori non in condizione e alcuni messi in lista di sbarco: è stata una prestazione pessima, terminata 1-1 ma le cose si erano messe male. Higuain, a fine gara, trasudava nervosismo e con poca volontà di rilasciare dichiarazioni. Al San Mames si è materializzata una disfatta, il vantaggio di Hamsik è stato solo illusorio trasformandosi nel preludio al crollo. 3-1 in favore degli uomini di Valverde e azzurri estromessi dalla Champions League. Una botta terribile, tremenda. Iniziava una feroce contestazione verso il presidente, reo di non aver investito sul mercato, e anche verso alcuni giocatori, accusati di non essere più motivati. Così, anche l’inizio di campionato è stato da choc. Dopo la vittoria contro il Genoa, arrivata all’ultimo secondo, si è stati piegati in casa dal Chievo per poi crollare anche ad Udine. Non è finita qui perché, al San Paolo contro il Palermo, si era in vantaggio 2-0 e ci si è fatti raggiungere sul pari, di nuovo in vantaggio ci si è fatti acciuffare ancora una volta chiudendo la gara sul 3-3. Sembrava un limbo, un circolo vizioso. Pian piano, ci si è rialzati scalando alcune posizioni in classifica. La settimana migliore è stata quella in cui al San Paolo era attesa la Roma. E quella Roma tanto decantata dal suo allenatore come la favorita per lo scudetto, è stata asfaltata da un Napoli mai così scintillante. Higuain e Callejon hanno steso i giallorossi, ritornati storditi nella Capitale dopo la Lectio Magistralis impartita da Benitez. Ipotecata anche la qualificazione ai sedicesimi di Europa League battendo 3-0 lo Young Boys, c’era la trasferta di Firenze da affrontare. In terra gigliata, si poteva capire qualcosa in più sul reale valore dei partenopei. E, non solo Higuain ha segnato la rete con cui si è stati corsari al Franchi, ma è stata la prestazione ad essere convincente e autorevole. Solo la sosta poteva frenare un Napoli che, molti addetti ai lavori, indicavano nuovamente come terzo pretendente al tricolore. Alla ripresa, però, è arrivata una sequela di pareggi contro Cagliari, Sampdoria ed Empoli a cui si è aggiunta la sconfitta in casa del Milan e la vittoria ai danni di un derelitto e negletto Parma. Per il terzo poso si è ancora favoriti ma lo scudetto ormai è un gioco che non riguarda più il Napoli. Il 2014 azzurro, però, prima di fare i suoi saluti doveva attendere la gara di Doha. Ci si giocava la Supercoppa Italiana con la Juventus. In Qatar pure è successo di tutto. Una sfida epica, infinita, da leggenda. Una delle finali più emozionanti, più volte i partenopei sembravano morti ma sono sempre risorti per poi gridare vittoria. Il vantaggio di Tevez dopo quattro minuti, la risposta di Higuain nella ripresa. I tempi supplementari. Il gol dell’Apache ad inizio del secondo supplementare, la zampata del Pipita a due minuti dal gong. Tango argentino in Qatar. Che emozioni poi al momento dei calci di rigore. Anche sulle tribune si soffriva maledettamente. Le facce parlavano chiaro, le espressioni e le smorfie pure. Prima tutti cecchini, poi caccia all’errore, il palo-gol di Koulibaly e la manona di Rafael su Padoin. Doha si colorava d’azzurro. Napoli impazziva. Secondo trofeo alzato in dodici mesi, nessuna squadra italiana come quella partenopea. Si è chiuso in bellezza questo 2014, mettendo in bacheca la seconda Supercoppa della storia, battendo ancora una volta la Juventus, la rivale di sempre, per una sceneggiatura perfetta. Guai a fermarsi adesso, negli ultimi anni sono arrivate due coppe Italia e una Supercoppa, sperando che nel 2015 si possano gettare le basi per la conquista del tricolore….
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