13 Settembre 2024
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Ripetizioni di Italiano

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Ha impartito ripetizioni di Italiano, nel senso del gioco, a tutto l’ambiente Napoli: a Luciano Spalletti e al suo impacciato undici titolare, agli oltre cinquantamila presenti al Maradona per la grande sfida, a una stampa locale pronta a sussurrare con forza quella parola magica che rappresenta il sogno proibito, l’oggetto del desiderio che manca da più di trent’anni all’ombra del Vesuvio. Scudetto. Primo posto. Napoli campione d’Italia. Non tutto è perduto, e non lo dice la cabala. Lo dimostrano i numeri e la classifica. Inter, Milan e lo stesso Napoli non sono mai riuscite ad ammazzare il campionato, o quanto meno ad addormentarlo mettendo un po’ di punti a separare il loro cammino da quello delle inseguitrici. No, navigano a vista. Alternano ottime prestazioni a scivolate clamorose, come quella del Napoli di Spalletti contro una sorprendente, ma non troppo, Fiorentina.

Non troppo perché ormai, a sei giornate dalla fine della stagione, possiamo dire di conoscere abbastanza bene Vincenzo Italiano e la sua squadra. Giocano a calcio, punto. Propongono schemi d’attacco, pressing sul portatore e una veloce circolazione della palla. Tutti o quasi possiedono una buona tecnica di base, i cosiddetti fondamentali, e non hanno paura di gestire la sfera già nella loro metà campo, cercando i centrocampisti centrali o gli esterni per avviare l’azione offensiva.

Come recita un vecchio detto del mondo del calcio, “le partite si vincono e si perdono a centrocampo”. Non sappiamo se sia sempre vero, ma di certo è ciò che è successo ieri al Maradona. Italiano e la Fiorentina hanno vinto la partita proprio lì, nella zona nevralgica del terreno di gioco. Il Napoli non è mai riuscito a sviluppare le proprie trame offensive con una efficace rete di passaggi che sarebbero dovuti partire dai piedi di Lobotka, Fabian e Zielinski. Solo tanta confusione, lanci lunghi a cercare Osimhen o gli esterni Insigne e Politano che le linee viola sono state brave a contenere per tutti i novanta minuti. Gli azzurri si sono accesi a tratti, grazie agli attaccanti: un paio di spunti del capitano, i due strappi di Osimhen che hanno fatto segnare sul tabellino prima un assist e poi il gol, la classe e la carica di Dries “Ciro” Mertens. Poi basta.

Cosa ha fatto la Fiorentina? Nulla di speciale, ma, come dicevamo poc’anzi, è venuta a Napoli per fare calcio e non per mettere il cosiddetto “pullman” davanti alla porta. I tre gol non sono stati affatto casuali, sono nati da azioni offensive che hanno coinvolto quattro o cinque uomini. I frequenti cambi di gioco hanno messo in grande difficoltà la retroguardia azzurra, dove sia gli esterni Mario Rui e il baby Zanoli, sia gli stessi centrali, non sono esenti da responsabilità. Lo spunto di Cabral è un discorso a parte e vale il prezzo del biglietto. Scatto, progressione, dribbling e un tiro a giro perfetto e imparabile. A questa Fiorentina vanno fatti solo i complimenti. Il Napoli è rimandato, per fortuna non a settembre. La prossima partita casalinga con la Roma sarà l’ennesima gara decisiva.

 

Fonte immagine: Napolicalciolive

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