22 Ottobre 2024
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Intervista allo scrittore Christian Capriello

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Intervista di Maurizio Longhi @riproduzione riservata

Il libro si intitola “Partenopiade – Cronache di napoletani disagiati“, sono quindici storie di personaggi diversi che raccontano uno spaccato di Napoli attraverso le loro eccentricità, la loro mentalità e i loro stili di vita. L’autore è Christian Capriello, un uomo “piccolo piccolo”, detta così, può sembrare un’offesa, una infamante e proditoria accusa di meschinità. Niente di tutto questo, anzi, il riferimento è alla corporatura minuta e gracile dello scrittore, questo giusto per fermarsi alla mano destra, grande più o meno quanto un neonato dopo settimane di sostanziose e nutrienti poppate. Un Gulliver in mezzo a tanti lillipuziani. L’arrivo di Christian viene preceduto dalla sua ombra che, imponente, si staglia prendendosi la scena manco fosse un buttafuori. Ora sicuramente starà pensando: “Mi stai prendendo in giro, lo stai facendo pure male, a voler essere sinceri, sei fortunato che l’intervista già te l’ho rilasciata sennò te la sognavi”. Sì, come al solito, il caro Christian è stato gentilissimo nel concederci questa chiacchierata, non potevamo non farlo perché, tra questi quindici personaggi, ce n’è uno che può sembrare bizzarro ma somiglia a tanti, forse a troppi. Si chiama Giuseppe, nato con il privilegio – perché privilegiati si nasce – di esercitare un lavoro diverso dagli altri, un lavoro che richiede costanza, dedizione, impegno e, perché no, anche una certa esperienza. Anzi, soprattutto esperienza, perché è uno di quei lavori in cui ci si può specializzare diventando una eccellenza in materia. Di che lavoro si tratta? Il Tifoso, sì, Giuseppe come lavoro fa il tifoso, quello del Napoli, infatti non termina frase che non abbia un riferimento ad un ex o attuale giocatore, un dirigente, un giornalista o al migliore amico del fratello cugino dell’ex magazziniere. Chi pensa che fare il tifoso non sia un lavoro, non ha capito proprio niente, leggesse il libro e se ne rendesse conto, cambierebbe subito idea. Che poi, quando la squadra per cui tifi gioca anche in Champions, il contratto prevede anche diversi straordinari da esercitare tra il martedì e il mercoledì, e poi si dice che i tifosi siano dei nullafacenti. Purtroppo si parla senza conoscere le cose, a vacante. La sensazione è che in molti già possono dire di conoscere qualche Giuseppe, ma quello partorito dalla sublime penna di Christian Capriello è più unico che raro, un personaggio sin troppo reale. Leggendo questo libro ci si diverte e si riflette, il disagio è spesso lo specchio della realtà in cui si vive, Giuseppe, di professione tifoso, è l’espressione di una categoria di persone che fa del tifo una ragione di vita o, come si dice a Napoli, ‘na malatia.

Hai scritto un racconto in cui il protagonista, Giuseppe, è un tifoso che esercita un mestiere che definisci “usurante”. La squadra per cui tifa è, ovviamente il Napoli, anche tu ne sei un grande tifoso, è davvero così usurante tifare o lo è solo quando si parla di colori azzurri?

Usurante laddove siamo una città dove non si riesce, a livello calcistico e già da diversi anni, a coniugare la bellezza del gran bel gioco espresso in molteplici occasioni a risultati pieni e duraturi. Usurante perché siamo fra le due macrofazioni, i Delaurentiani, che ne approvano l’operato senza se e senza ma, ai Papponisti. La verità, a mio modesto e umile parere, sta nel mezzo: lui è scaltramente accorto nelle operazioni di mercato fino al fastidioso, i tifosi spesso non afferrano che una gestione oculata delle risorse è doverosa. Tuttavia, dopo tanti anni in cui si naviga in acque calme e azzurre, si inizia a sentire l’esigenza di una svolta, di un vero e proprio atto di coraggio. Tuttavia, quanto appena accaduto non depone bene. Niente affatto. E, fra infortunati non rimpiazzati adeguatamente o privi di valide alternative, chi voleva già andarsene di suo e vescovi che di buon grado ne vogliono assecondare le velleità di fuga, ho timore che, a Gennaio, il giovane Gaetano possa diventare l’attaccante titolare del Napoli. Chissà, magari scopriamo un grande campione. E io me lo auguro

Tu hai tantissimi interessi, ma come e quando è nato il tuo amore per il Napoli?

A dieci anni, in acquisita coscienza, facevo le nottate per vedere le partite di Messico ’86. Un tipetto con la maglia bianca e azzurra mi fece andare di matto. Ogni volta che toccava il pallone lo trasformava in oro. Poi, qualcuno mi disse che questo marziano brevilineo giocava nella squadra della mia città. Devo darti altri dettagli o delucidazioni sul perché mi sono innamorato del Napoli?”

Il “tuo” Giuseppe non è un semplice tifoso, è un “malato” del Napoli, ogni cosa deve avere un riferimento ad un giocatore o addirittura ad un giornalista, secondo te quante persone possono riconoscersi in Giuseppe?

Molte più di ciò che si creda. Nei bar di Napoli, nei punti di ritrovo in genere, se parli del Calcio Napoli si formano capannelli molto variegati: formati da tifosi semplici, sofisti, storico-intellettuali del giuoco e della tattica, finti distaccati, moralisti, innovatori, commissari tecnici in pectore. Prova ad ammassare così tanta gente, a parità di temperatura e pressione atmosferica, se parli del CERN di Ginevra, della crisi della Via della Seta, o del nuovo Gasdotto che collegherà la Siberia all’Europa. Mi sa che non riusciresti a far affollare una piccola tabaccheria. Se parli del Calcio Napoli puoi tranquillamente contare sulla piena affluenza e sul massimo livello d’attenzione posto su un palco al centro di Piazza Plebiscito. Fidati, ti starebbero a sentire pure le statue dei 2 cavalli presenti e le statue dei Borboni di Palazzo Reale. Quando si parla del Napoli, anche le statue hanno le orecchie. Non le vedi? Stiamo solo parlando e già hanno girato il collo verso il mio microfono

Utilizzi uno stile di scrittura molto ironico, il che è un rischio, perché richiede una grande attenzione per non sconfinare nel sarcasmo che diventa di cattivo gusto. La tua è una ironia sana, di gran ritmo e di ottima qualità, ma ci dai la tua interpretazione della scrittura ironica e perché la preferisci ad altri stili?

Giustissima la tua osservazione sull’ironia e sul sarcasmo. La prima va dosata per non sconfinare in evitabili eccessi. L’ironia è come una coperta calda, una carezza, rivolta anche verso lo stesso destinatario del pensiero ironico. A volte l’ironia è foriera di ottimi consigli, e soprattutto per coloro che andiamo a prendere in giro. L’ironia ha una componente affettiva, balsamica, spesso capace di lenire le paturnie del soggetto verso la quale la si utilizza. Il sarcasmo no. E’ chiaro indice di prevaricazione, di mancanza di rispetto nei confronti del destinatario del commento, di scherno che non ammette contraddittorio, e senza alcuna pretesa/esigenza di fornire suggerimenti o giusti moniti. Non mi appartiene, e lo dico con fierezza. Parafrasando un noto molleggiato, l’ironia è rock, il sarcasmo è lento

Il tuo Giuseppe, con il suo fare scanzonato, come commenterebbe il caos che si respira intorno al Napoli con i risultati che non arrivano, l’ammutinamento dei giocatori e un allenatore in confusione?

Il mio Giuseppe è un personaggio reale, un collega in carne ed ossa che mi ha ispirato alla grande sul tema, uno di quelli che da parecchi anni va a godersi una parte delle sue vacanze presso la località dove si svolge il ritiro degli azzurri, Dimaro. Quindi faccio prima a dirti cosa realmente provi. E’ triste, anche se nel suo cuore azzurro continua a partire il Jingle “Forzanapolisempre” che, devo dirti la verità, un po’ mi stizzisce. Ma Giuseppe ama il Napoli, per lui è motivo di vita quanto la settimana inizia, ragion d’essere quando questa finisce. E se poi c’è la Champions, non ne parliamo proprio. Festa doppia. Quando Giuseppe può osservare una partita dei suoi beniamini anche in mezzo alla settimana, non gliene importa di null’altro. E’ felice. E noi lo siamo per lui. Purchè non perda di vista pure tutto il resto

Tu, invece, da grande tifoso del Napoli come vedi questa situazione? Secondo te come se ne esce e, soprattutto, che piega può prendere la stagione degli azzurri?

Giuseppe è innamorato, io sono più obiettivo. Il rendimento di una squadra può essere criticato, visto che alcuni di quelli dell’attuale roster se ne sono chiaramente andati di testa. E, altri, ahimè, forse una vera maturità professionale non l’hanno mai avuta. Quest’anno, ne sono convinto, riusciremo lo stesso a raggiungere la Champions, ma solo se a Gennaio non si predilige il regolamento di conti interno, che prevede il siluramento dell’allenatore, pur prestigioso, e l’epurazione di quei calciatori con i quali la società ha ormai un grosso problema di gestione. Speriamo non accada, perché si è fatto tanto come costruzione di un’immagine societaria, anche a fronte di risultati non proprio eccezionali. Stare sempre prossimi alla vetta è cosa buona. Ma restare sempre a un paio di passi di distanza da chi alza trofei a ripetizione nel contesto nazionale è sconfortante

Mazzarri, Benitez, Sarri, Ancelotti. Tecnici che hanno lavorato in periodi diversi e con organici altrettanto diversi. Attribuisci a ciascuno un aggettivo.

Mazzarri: CARISMATICO. Molto più bravo di quel che si creda, attentissimo alla fase difensiva. Si arrabbia molto più per un gol preso che per un gol non segnato. Quando andò all’Inter non ebbe troppa fortuna; ma guardate Gasperini, uno che ha fatto il suo stesso percorso. Dovremmo dire che non è all’altezza? Sappiamo bene che non è così. Benitez: CONTEMPLATIVO. Buono quando ha dei veri e propri leader nello spogliatoio, a condizione che questi non siano i primi a remargli contro. Meno bravo in contesti dove deve essere lui a fare la differenza. Sarri: OPPORTUNISTA. Qui mi stai deliberatamente provocando. Bravo nella gestione, con poche idee ma buone. Non ho gradito la sua scelta, anzi, per niente. Ma qualche purista, che non voglio nemmeno ascoltare, verrà a dirci senz’altro che siamo nel professionismo, e che lui è un uomo libero di fare le sue valutazioni. Le faccia pure, ma il Mauriziaccio ha perso un po’ di appeal, anche agli occhi di tanti che lo amavano davvero. Ancelotti: ENIGMATICO. Non saprei come definirlo. A volte mi sembra uno che prende montagne di appunti mentali che poi non ripassa. Ha sempre avuto la fortuna di guidare dei veri e propri carrarmati sportivi, con risultati spettacolari. Ma poteva disporre di “cocchi ammunnati e buoni”. Ora lo vedo un po’ alla deriva, e anche un po’ indolente rispetto a quel che sta accadendo. Non lo vedo uno che lotta fino in fondo per ripristinare lo stato delle cose, credo che volterà le spalle alla situazione. E temo molto di avere ragione. Spero, con tutto il cuore, di avere torto

Grazie a tutti per l’attenzione, e grazie di cuore a te, Maurizio, per questa opportunità!

About Maurizio Longhi 651 Articoli
Giornalista pubblicista e' uno dei fondatori di www.footballweb.it

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