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Ormai non ci sono più aggettivi per descrivere questa Roma. È una squadra priva di gioco e di spina dorsale. Altro che rappresentanti della Capitale. Non sentono la maglia, e questo ci può stare, perché provengono da ogni parte del mondo meno che dall’Italia in generale, o dal Lazio. Ma non stanno onorando né la loro carriera, né i loro sontuosi contratti. Contro l’ottimo Torino di mister Ventura, serviva una vittoria convincente e “cattiva” per ritrovare un pizzico di fiducia, in attesa della sfida contro un Napoli affamato di vittorie. Invece i giallorossi hanno deluso ancora. E non per il risultato, il calcio è una giostra e può succedere sempre di tutto (vedi proprio il Napoli a Bologna). Sul banco degli imputati, come sempre, ci sono il gioco e l’atteggiamento degli undici in campo. Il sergente Garcia deve assumersi le sue responsabilità e riconoscere che non ha saputo costruire un gioco veloce e efficace. La Roma continua a sopravvivere con le giocate dei singoli. Ma, come gruppo, fatica sempre a imbastire un’azione bella da vedere e soprattutto pericolosa. Incontra queste difficoltà contro qualsiasi avversario, sia esso di alta o bassa classifica. È inaccettabile. Come incomprensibile, del resto, è il modo di “leggere” le partite. Fatto un gol, il baricentro si abbassa e la manovra diventa ancora più lenta. Ma si può giocare in questo modo? Può la Roma avere timore di tutto e tutti? A modesto parere di questa rubrica, no. Altra nota dolente: la condizione atletica. La maggior parte dei calciatori sfoggiano gambe pesanti e non sono sciolti nei movimenti. Possibile che tutti corrano più di De Rossi e compagni? Allo stato attuale, sembrerebbe proprio di sì. In merito ai singoli, ennesima bocciatura per Rudiger. Il centrale tedesco, anche stavolta, si guadagna la palma di peggiore in campo. Un disastro di proporzioni bibliche. Registriamo poi l’inversione di rotta di “bello de nonna” Florenzi. L’eclettico e volenteroso centrocampista romano che tanto abbiamo ammirato, da inizio stagione, per impegno e costanza di rendimento, è diventato un calciatore nervoso e disattento, soprattutto nelle cose più semplici. Sul fantasma bosniaco questa rubrica non intende ripetersi, tanto i lettori sanno già tutto. Il gol, naturalmente, non incide sulla prestazione, che è da cinque, volendo essere generosi. Edin Dzeko che si allarga per giocare sulla fascia è un insulto al buon senso. Se è lento, macchinoso e non salta l’uomo, perché si decentra? Misteri della fede. La sua. Capitolo iella. Gervinho, l’unico insieme a Salah in grado di dare velocità e imprevedibilità alla fase offensiva, rientra da un infortunio e riesce per infortunio. Sembra una barzelletta, ma è la pura cronaca. Alla Roma non gliene va bene una, problemi di gioco a parte.
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