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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata
Ennesimo numero dedicato agli ex calciatori dell’Avellino, medesimo appuntamento con l’amarcord. I tifosi ci riempiempiono di complimenti. Sarà vero? Noi ci crediamo. Ironie a parte, il sale della vita, continuiamo per la nostra strada. E’ la volta di un giocatore che ha militato con l’Avellino solo una stagione eppure ha bene impresso i ricordi di quella che reputa una esperienza esaltante. Vito Chimenti ha giocato nella stagione 1981-82. Dopo trent’anni lo abbiamo rintracciato. E’ a Messina, nello staff tecnico della compagine siciliana che milita in quarta serie. La prima curiosità è subito svelata, parliamo della famosa bicicletta. “Diciamo che me la cavavo abbastanza palla al piede e quando ce l’avevo riuscivo anche a nasconderla e gli avversari facevano fatica a togliermela”. Fu proprio rilanciata dall’attaccante barese che ne fece un cavallo di battaglia negli anni ottanta. Come arrivò in Irpinia? “Venivo dalla Pistoiese, facemmo un quadrangolare a Napoli con gli azzurri e c’era anche il Flamengo. Mi vide Don Antonio e mi volle con lui. Era una buona squadra, calciatori bravi come Vignola, Tacconi, Juary, Favero e Limido. Molti andarono e meritatamente in grossi club, noi ci salvammo senza fatica e con qualche mese di anticipo. Potevamo fare qualcosa in più.”. Mi parli della legge del Partenio. “Niente, avvertivamo una sensazione forte quando giocavamo in casa. Merito dei tifosi che erano unici. Lottavamo per la salvezza e facevamo punti con le dirette concorrenti ma anche con i grossi club, non sempre ci riusciva ma il più delle volte giocavamo alla pari e facevamo anche risultato. Eravamo un gruppo unito e non soffrivamo alcuna gelosia. Avellino era un ambiente buono per i calciatori, io quell’anno non feci molti gol ma eravamo felici quando si vinceva e se segnava anche un difensore andava bene lo stesso.”
Lei ha un nipote che ha giocato nella Juventus, figlio di suo fratello anch’egli calciatore. Eppure se ad Avellino se ci si rivolge ai giovani, quando si parla di un Chimenti calciatore, tutti sanno di Vito, Come se lo spiega? “Ho dato il massimo impegno per la maglia, c’era un grande presidente come Sibilia ed in quegli anni Avellino era una piazza invidiata. Ho solo fatto il mio dovere ma ai nostri tempi si giocava soprattutto con il cuore e si dava tutto in campo senza mai risparmiarsi. Lo ripeto, eravamo uniti e remavamo tutti dalla stessa parte”. Un suo ex collega e parlo di Casale, ha sempre espresso giudizi lusinghieri sulle abilità acrobatiche di Chimenti. Ci ha raccontato della famosa bicicletta e del fatto che fosse una molla per le sue incredibili acrobazie. “La mia dote naturale era quella di incollarmi la palla al piede come ho detto ad inizio intervista. Al momento opportuno, quando le cose andavano bene si poteva fare anche la bicicletta, lo si faceva per dare spettacolo ai tanti tifosi che accorrevano al Partenio”. C’è differenza tra il calcio dei suoi tempi e quello di oggi? “Si. Ai nostri tempi si giocava per la maglia. Noi avevamo più tecnica, oggi sono solo più forti fisicamente ma ci sono anche errori grossolani che prima non facevamo. Ricordo le parole di Mazzone quando parlava di contropiede adesso si chiamano ripartenze. E’ cambiata anche la mentalità.” E l’Avellino di oggi ? “Dispiace vederla giocare in lega pro. Avellino è una grande piazza e marita di più”. Sibilia ha compiuto da poco novantuno anni. “E’ un grande . Oltre ad essere stato il nostro presidente era come un padre. Non ci faceva mancare mai nulla, ci stava sempre vicino. Gli auguro di cuore di continuare ad andare sempre avanti”. Altro colpo messo a segno. Venghino siori venghino. La giostra dei ricordi con conosce pause.
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