22 Ottobre 2024
  • www.footballweb.it e’ una testata giornalistica
  • registrata presso il Tribunale di Napoli Nord –
  • Numero registrazione 22 cronologico 4288/2016.
  • Editore: Gianni Pagnozzi;
  • Direttore Responsabile: Michele Pisani

Gli ex del calcio: Ottorino Piotti, la saracinesca del Partenio

Views: 567

Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata


Ottorino Piotti: "Se fossimo arrivati in finale avremmo vinto la Coppa" - Passione del Calcio

Altro giro, altra corsa. Il treno dei ricordi giunge all’ennesima stazione. Avanti un altro. L’amarcord è uno. Il Nostro. Scherzi a parte. In cinque anni ne abbiamo scovato davvero tanti ma quest’ultimo ex calciatore mancava all’appello. E’ stato il primo portiere in massima serie, una saracinesca che per tre anni ha sempre giocato con passione. Chapeau. Di Chi parliamo? Nato a Gallarate in provincia di Varese nel 31 Luglio del 1954, un metro e ottantadue centimetri per settantotto chilogrammi. Ottorino Piotti ha indossato la casacca biancoverde per tre stagioni dal 1977 al 1980. Novantotto presenze, ottantasei gol subiti. Un record da tenere stretto. Cinque campionati giocati in b e altrettanti vinti. Uno con l’Avellino, due con il Milan ed altrettanti con l’Atalanta. Due qualificazioni in Coppa Eufa con Atalanta e Genoa, entrambe le occasioni per la prima volta per le due compagini italiane. “Beh possiamo dire che ero un portafortuna”. Il suo nome sarà sempre accostato alla storica stagione del 1977-78 che permise all’Avellino di arrivare in massima serie. Sono passati 36 anni eppure per lui tutto è chiaro come allora. “Come potrei dimenticarlo. E’ stata una stagione esaltante. Nessuno si sarebbe aspettato un epilogo del genere. Siamo partiti un po’ a rilento ma mano mano che vedevamo la nostra forza e soprattutto che cresceva l’entusiasmo. Era una questione di pochi punti, ricordo il ritiro prima della gara contro la Sampdoria. Quante speranze, poi il sogno divenne realtà. Porterò sempre nel cuore quella splendida esperienza. Come hai detto tu sono passati tanti anni ma uno si porta dentro quell’annata e io ricordo che non amavo molto i riflettori, preferivo il campo”. La prima volta lo abbiamo visto a Solofra, scendere da una Fiat 132 di colore rosso. Piotti, Reali e Cattaneo, un bel trio senza dubbio alcuno. “Io avevo una Alfa Romeo spider, non era la mai macchina. Ma se lo dici tu mi fido. Con molta probabilità era di Cattaneo e magari la guidavo io. Sai che a quei tempi non c’erano molti voli aerei e si scendeva da casa solo con il treno o con la macchina. Le distanze erano considerevoli. Una faticaccia.” Ricorda chi le disse che avrebbe giocato ad Avellino? “Secondo me fu Franco Landri che consigliò il mio acquisto al commendatore Sibilia. Avevo giocato una stagione a Bolzano, facevo il militare, lui mi aveva visto spesso anche nell’anno che ero al Como. Quando mi dissero che mi voleva l’Avellino per me fu un trauma. Era troppo la distanza da casa. Non ero mai stato al sud e non mi entusiasmava l’idea. Però allora non era come oggi e non potevi rifiutare. Se volevi giocare dovevi fare quello che ti diceva la società. Però a distanza di anni posso dirti che fu la scelta più felice che potessi fare. Mi sono trovato benissimo, una esperienza esaltante che mi ha formato anche professionalmente”. Il Como scese in serie C e l’Avellino vinse il campionato. “Si, i lupi si erano salvati all’ultima giornata mentre i lariani avevano sfiorato la serie A. L’Avellino aveva preso Fiore dal Napoli, godeva di credenziali molto alte, io ero chiuso e dovevo fare la panchina. Pensai che se dovevo fare il secondo, potevo restarmene anche a Como. Ero un po’ scettico, poi è andata come andata. Non mi persi d’amino e a testa bassa inizia ad allenarmi, cercando di mettermi in mostra. Diedi tutto me stesso. Andò bene. Mi capitò una situazione favorevole. Giocai in Coppa Italia e feci una buona prova, nel frattempo Fiore non si mise d’accordo con la società, allora i contratti si facevano in ritiro, la dirigenza puntò su di me ingaggiando un portiere giovane come Aquino. Questo mi fece piacere perché voleva dire che avrebbero puntato su di me”. Inizia l’avventura. “In effetti ricordo che alla prima giornata pareggiammo contro l’Ascoli in casa per zero a zero. Ci fu una contestazione della tifoseria. Pensa che quell’anno i bianconeri stravinsero il campionato facendo ben sessantuno punti”. Pubblico caldo quello irpino. “Unico. Una tifoseria incredibile. Stadio sempre pieno, pensa che due ore prima della gara in città non c’era nessuno. Tutti al Partenio. Passavamo con il pullman e vedevamo le strade deserte, il calcio era e rimane una passione che non conosce pause”. Che cos’era la legge del Partenio? “Senza dubbio un campo caldo. Sia in B che in A. In casa ci facevamo rispettare avendo una tifoseria che ti sosteneva per tutto l’arco della gara. Anche i giocatori erano di quelli tosti. Eravamo come una molla, ci caricavamo tutta la settimana per poi esplodere la domenica. Di Somma, Cattaneo, Reali e Boscolo. Gente che mordeva e si faceva rispettare”. La partita più bella in biancoverde? “Posso considerarmi fortunato. Ad Avellino ho sempre dato il meglio ed in molte occasioni ma contro il Torino mi capitò di parare un rigore a Pulici. Proprio alla vigilia, parlando con il presidente Sibilia, gli chiesi un bonus se avessi parato anche un rigore. Sai neutralizzare un penalty calciato da Pulici non era cosa di tutti i giorni. I granata venivano da una serie di stagione esaltanti, qualche anno prima avevano vinto lo scudetto. La curva mi tributo un caloroso applauso. Per tre minuti, dall’ottantottesimo sino alla scadere, i tifosi scandivano solo il mio nome. da brividi”. Quella che non ricorda con piacere? “Quella contro il Napoli. Perdemmo per tre a due. Io ebbi un problema in settimana, una distorsione al pollice, volevo esserci. Mi fecero in settimana anche delle infiltrazioni ma alla fine gioco Vito Stenta al mio posto”. Cosa pensa del calcio attuale? I portieri che arrivano dal Brasile? “In effetti una volta eravamo i migliori del mondo. Con me c’era Di Leo che in seguito ha dimostrato tutto il suo valore. L’Avellino ha avuto Tacconi, Zaninelli e tanti altri. Ai miei tempi il secondo portiere era cosi bravo che poteva giocare anche titolare”. Che impressione le fa sapere di essere considerato uno dei portieri più forti della storia dell’Avellino? “Anche adesso riconosco che Avellino è stata la mia fortuna. Sono venuto che ero un emerito sconosciuto e sono andato via che ero considerato uno dei giovani portieri più promettenti. Devo molto all’Avellino, io ho dato sempre tutto quello che potevo dare, sacrificando tutto in funzione del calcio. Non mi concedevo nessuna distrazione, ero il primo ad entrare in campo e l’ultimo ad uscire. magari sarò stato anche fortunato ma ho saputo sfruttare l’attimo e prendere al volo il treno dell’opportunità per diventare qualcuno”. Com’era il presidente Sibilia? “Lo sa che sono andato a trovarlo un paio d’anni fa ? Stavo facendo degli stage a Napoli e ne approfittai per fargli visita. Mi faceva piacere incontrarlo. Un grande intenditore di calcio e a quei tempi sapeva fare mercato come pochi. Un maestro del calcio di allora. Aveva creato una rete di collaborazioni che gli permetta di arrivare sempre prima degli altri”. A distanza di cosi tanto tempo noto che è ancora legato al suo Avellino. “Pensa che dovevo fare il direttore sportivo, il tutto si rivelò una bufala. Peccato. Io ci sarei venuto di corsa e senza parlare di soldi. L’importante era poter tornare in una terra che mi ha dato tanto”. Ennesimo amarcord servito.


About Michele Pisani 2952 Articoli
Giornalista sportivo, iscritto all'albo dopo una lunghissima gavetta. Una passione malcelata per la Formula Uno.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.