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Servizio di Maurizio Longhi @riproduzione riservata
Importante, molto importante, importatissima, siamo proiettati già alla super sfida di venerdì? No, il riferimento è alla partita di Udine. Vittoria più importante del previsto, non lo è di meno solo perché non si affrontava una big, ma partite così possono essere decisive per il raggiungimento di un traguardo. Il Napoli veniva da un grande dispendio di energie in settimana per annientare lo Shakhtar e coltivare ancora qualche speranza di superare il girone di Champions, c’era un primato da mantenere e si andava in un campo difficile, ad affrontare una squadra che aveva appena cambiato allenatore. Udine, poi, rimembra infausti momenti, come quello di due anni fa, quando svanirono tutte le speranze scudetto con un Higuain furioso che si beccò tre giornate di squalifica, proprio lui che doveva essere il condottiero di quella ciurma con il sogno tricolore all’orizzonte. Questo Napoli, stavolta, è andato ad Udine con uno spirito diverso ed è tornato a casa con i tre punti pur giocando, effettivamente, male. Inutile edulcorare la prestazione con termini diversi, la squadra ha giocato male, non si è espressa sui soliti standard, non è stata quella del secondo tempo di martedì scorso, tanto per capirci, ma ci sono occasioni in cui bisogna badare alla sostanza, all’essenziale.
Il Napoli l’ha fatto contro una Udinese tutta arroccata nella propria metà campo, era chiaro l’intento di Oddo di esordire con un pari contro la capolista, e sarebbe stato un esordio coi fiocchi. L’episodio decisivo è stato l’atterramento in area di Maggio, autorevole la sua prestazione, che ha portato Jorginho dal dischetto. Inguardabile l’esecuzione, fortuna ha voluto che Scuffet ribattesse la palla proprio sui piedi dell’italo-brasiliano che ha potuto rimediare ad un calcio di rigore battuto senza forza e senza precisione. Nel secondo tempo, il Napoli non ha mai dato la sensazione di volerla chiudere e si è limitato ad erigere un bunker dalle parti di Reina che, proprio nell’ultimo secondo dei tre minuti di recupero, si è reso autore di una bella parata su un tiro che, se fosse stato indirizzato meglio verso lo specchio della porta, avrebbe potuto cambiare le sorti del match. Una leggerezza da parte degli azzurri che, se vogliono battere anche la Vecchia Signora nel big match di venerdì al San Paolo, devono giocare con un atteggiamento diverso, e siamo sicuri che lo farà. Alla Dacia Arena servivano i tre punti che sono arrivati, con un po’ di sofferenza finale ma un traguardo lo si raggiunge anche così, anche parando un tiro pericoloso proprio sul gong.
Ciò che è cambiato nel Napoli, ed è il dato che più di tutti lascia ben sperare, è l’aspetto riguardante la difesa, non più un colabrodo come negli ultimi anni ma molto più compatta. Gli azzurri, infatti, non solo si trovano in cima al campionato ma possono vantare anche la migliore retroguardia con nove gol subiti, ben sei in meno rispetto all’ultimo anno dopo quattordici partite. Due battute finali su due giocatori, l’uno sorprende in positivo, l’altro in negativo. Un plauso per Maggio, professionista esemplare, impeccabile contro l’Udinese, addirittura decisivo considerando che si è procurato il rigore, finora quando è stato impiegato ha sempre risposto con prestazioni di grande diligenza e abnegazione, ad avercene di giocatori con questa serietà. Ormai Hamsik sta diventando un caso, sembra svogliato in mezzo al campo, sbaglia passaggi elementari, si addormenta palla al piede esponendo la squadra a pericolose ripartenze. All’inizio si pensava che dovesse ancora carburare, ora sono passati quasi cinque mesi, il capitano di una squadra che punta a scrivere la storia non può permettersi un letargo così lungo.
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