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servizio di Vincenzo CAPRETTO ©riproduzione riservata
Sono giorni che in città ci si interroga di chi sia la colpa della prestazione degli azzurri contro lo Spezia. Come sempre accade nella città partenopea, tutti diventano allenatori, con il fastidioso vizio di salire e scendere dal “ carro” in base a un singolo risultato.
Su questo, probabilmente, non si crescerà mai.
In realtà il Napoli visto con lo Spezia è sempre la stessa squadra da oltre un anno, con il solito e inspiegabile problema: produce tanto, raccoglie poco.
Gattuso sta cercando di capire e arginare questo annoso problema. Forse, anche lui, non pensava una cosa del genere quando ha raccolto l’eredità di Ancelotti.
Probabilmente la cosa che lascia più interdetti, per un squadra che punta a stare ai vertici della Serie A, è la tenuta mentale. Incredibile l’ingenuità di Fabian sul rigore causato, ma ancora più assurda è stata la fragilità psicofisica vista successivamente.
Se proprio una colpa la si se deve dare al mister calabrese è proprio questa: non può una squadra dal blasone azzurro non riuscire a gestire lo stress e l’ansia che ti porta un simile frangente. Non può una squadra con quella esperienza lasciarsi sopraffare dalle paure e frenesie. Inutile dopo il pareggio dello Spezia, tuffarsi senza una logica e strategia in avanti, considerando anche che, di fronte, c’era una squadra largamente inferiore. E’ anche inutile chiedersi del perché Lozano è stato schierato come prima punta o perché Maksimovic continua a giocare nonostante prove deludenti. A Gattuso andrebbe “solo” chiesto come sia possibile che la squadra manchi proprio di quella cattiveria agonistica che tanto lo contraddistingue come allenatore e lo faceva come ex calciatore.
Andrebbe chiesto come anche dalla stessa panchina non sia riuscito ad annusare quello che stava per accadere. Non a caso usiamo la parola annusare, spesso citata nelle sue conferenze quando sottolinea come i suoi non “annusano” spesso il pericolo.
A questa squadra non mancano uomini o gioco, così come è ingiusto menzionare le assenze in un campionato così “particolare” e “unico” causa la pandemia in corso. Quasi ridicolo parlarne poi, dopo aver perso contro una squadra di almeno una categoria inferiore e per di più in superiorità numerica. Diventa un semplice e deleterio alibi per tutto l’ambiente.
Agli uomini di Gattuso manca semplicemente la giusta e razionale cattiveria agonistica, ovvero il RINGHIO: è questo che serve in tempi rapidi, e non serve essere allenatore per capirlo.
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