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[avatar user=”Mariano Messinese” size=”thumbnail” /] Servizio di Mariano Messinese
Magro, anzi scheletrico. Due ramoscelli al posto delle gambe. Il volto allungato dai capelli giallo paglierino pettinati all’indietro con la brillantina. Matthias Sindelar non era forte e per questo lo chiamavano “Die Papierene”, la cartavelina. Matthias Sindelar era tutt’altro che bello, ma in campo i suoi difetti fisici sparivano per lasciare il posto alla bellezza. Magia del rettangolo verde che trasforma, come nelle favole, i rospi in principi, i poliomielitici in Garrincha, gli anonimi in Mozart. Anche per questo l’austriaco Sindelar è stato negli anni 20 e 30 uno dei più forti giocatori al mondo. Il ruolo? Secondo alcuni centrocampista, secondo altri attaccante. Ma in quel calcio pionieristico ancora dovevano inventarlo un modulo che imprigionasse il talento di Herr Matthias in una ragnatela tattica.
Lo sa bene anche il suo allenatore Hugo Meisl allenatore del Wunderteam, la nazionale di calcio austriaca che domina in lungo e largo sul Continente fra le due guerre. Mozart deve essere lasciato libero di esprimere tutta la sua genialità. E gli effetti si vedono, l’astro nascente del calcio austriaco incanta tutti: i suoi dribbling infiammano le platee e anestetizzano gli avversari. Le sue finte di corpo sono la parafrasi sportiva del Valzer di Strauss. I suoi gol? Beh, quelli sono leggendari: a Stamford Bridge, contro i “maestri inglesi”, prende palla a centrocampo, scarta tutti, arriva in area, torna indietro due volte quasi a irridere gli avversari e segna. Se all’epoca fossero esistiti assistenti di porta e raccattapalle, avrebbe dribblato anche loro. C’è da giurarci.
Ma Sindelar dribblò anche Hitler una volta. Il 3 aprile 1938 al Prater di Vienna si affrontano Germania e Austria. L’Austria non esiste più di fatto da un mese dopo l’Anschluss al III Reich. La Nazionale invece c’è ancora, anche se per poco. Al termine dei 90′ si scioglierà e confluirà in quella tedesca. In tribuna, ad assistere alla “partita dell’annessione”, ci sono anche i gerarchi nazisti. Ma la storia insegna che talvolta il calcio sfugge alla logica della propaganda. Soprattutto se Goebbels deve fare i conti con l’estro imprevedibile di Mozart Sindelar. Alla fine sono dolori per i tedeschi: l’Austria vince 2-0 e segnano proprio Sindelar e Karl Sesta che poi esultano sotto la tribuna, in faccia ai nazisti.
Poco male, avranno pensato i gerarchi. Con questi due vinceremo il mondiale in Francia a giugno. Ma si sbagliano: a fine gara i giocatori si schierano al centro del campo per il saluto nazista. Lo fanno tutti, tranne Sindelar e Sesta. E’ uno schiaffo fragoroso, un secco “No” alla proposta minacciosa di scendere in campo con la maglia di un paese che non è più il tuo, ma è anche l’ultimo atto possibile di una resistenza al “male assoluto”. Da quel giorno i nazisti gli fanno la guerra. Gli agenti della Gestapo prelevano lui e Camilla, la sua fidanzata di origine ebraica, per interrogarli. E per minacciarli. Matthias e Camilla non lo sanno, ma la polizia politica li ha già messi sotto controllo. Li spiano, entrano nella loro vita privata e le pareti della loro casa non custodiscono più l’ intimità domestica. Durante la notte dei Cristalli assaltano la loro abitazione, ma si arrestano sulla soglia. Non osano toccarli. Lui non si lascia intimidire e sceglie di resistere, di non fuggire. Ma in Austria il clima sociale è invivibile per chi ha sfidato il nazismo e convive con un’ebrea. Anche se ti chiami Sindelar e sei famoso in tutta Europa.
Il 23 gennaio 1939 Matthias e Camilla vengono rinvenuti cadaveri nella loro abitazione. La polizia non ha dubbi: la causa della morte è avvelenamento da monossido di carbonio, imputabile a un caminetto difettoso. L’inchiesta viene archiviata in un batter di ciglia e i corpi subito cremati. La fretta nel chiudere il caso, le testimonianze contrarie, le reticenze alimentano i sospetti di omicidio, mai del tutto provato.
Questa è la vicenda di Matthias Sindelar, in cui convivono estro e tecnica, fantasia e velocità, ma anche orgoglio e tragedia. Tutto questo condensato in 36 anni, l’età che aveva il Mozart della palla di cuoio quando morì. La sua storia è un rivolo d’acqua che sgorga nel grande mare del ‘900. Non a caso abbiamo deciso di raccontarla oggi, nella giornata che ricorda il genocidio di 6 milioni di ebrei, compiuto dal più criminale dei regimi. Quel regime a cui Sindelar aveva detto NO.
Mariano Messinese
Twitter:@MarianoWeltgeis
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