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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata
Siamo sinceri anche se, come nostro costume, diretti. Il futuro del calcio? Lo vediamo nero come la terza maglia della Lazio. Assurdo quello che è capitato al club biancoceleste. Un giornale francese dopo aver accusato il tifo laziale di essere neofascista se la prende con la società, colpevole, secondo gli illustri colleghi, di aver optato per un colore troppo di ‘destra’ visto che il simbolo è un’aquila. Lo sanno i francesi che anche altre quattro scoietà in Europa usano come terza maglia quella nera ? Si e’ liberi, almeno per il momento, di decidere e in maniera autonoma? Passiamo ad altro. Siamo tornati. Eccoci con il nostro appuntamento con l’amarcord. Precisiamo che non deteniamo alcun copyright, semmai vi ‘vendiamo’ a costo zero dei ricordi, quelli che vi faranno fare un tuffo nel passato. Altro giro, altra corsa. Venghino siori e siori, la giostra e’ di nuovo in funzione. Allacciate le cinture, ennesimo viaggio. Quanti di voi ricordano Sergio Taddei? Correva l’anno 1975, l’Avellino era in cadetteria dopo la splendida cavalcata con i mitici ragazzi del 73. Da li’ a poco avremmo assistito alla storica promozione in massima serie. Sergio Taddei, nato a Tavarnelle Val di Pesa, un comune di 7861 abitanti in provincia di Firenze, il 24 novembre 1954. Ha giocato come difensore centrale o se preferite la vecchia denominazione, uno stopper. Cresciuto nelle fila del Torino, esordisce in massima serie nel 1973 contro il Cagliari. Nella sua carriera ha indossato le maglie di Torino, Novara, Verona, Varese, Sambenedettese, Pescara ed ovviamente Avellino. Undici presenze, una sola stagione con i Lupi. Un vero personaggio, un toscanaccio che incarna il verbo del pane al pane e vino al vino. Senza esitazioni, gli piace dire quello che pensa e ve ne accorgerete. Sergio Taddei non ha dimenticato l’esperienza in Irpinia e come ci arrivo’. “Prima non c’era il procuratore e nemmeno potevi pensare di rifiutare un trasferimento. Io non l’ho mai fatto ed accettai l’Avellino con entusiasmo. Conoscevo la piazza, il valore della tifoseria irpina. Mi chiamarono, ero a Roma perche’ facevo il servizio militare. Mi fu comunicato che dal Verona sarei passato all’Avellino. Non mi spaventai piu’ di tanto, l’avventura mi entusiasmava e non sbagliai, a distanza di anni fu la scelta giusta”. La Sua esperieza con la maglia biancoverde? “Sono un calciatore atipico, ricordo molte cose ma non voglio parlare di me, semmai colgo l’occasione per dire che ad Avellino si respirava l’aria del calcio vero. Nulla a che vedere con il nord, quello non e’ un ambiente per calciatori come me che amano i posti caldi dove il tifo fa la differenza. Oggi ti fanno entrare in tribuna e devi applauire a comando, ad Avellino non era cosi’. Ogni giocatore ama sentire il fiato sul collo dei tifosi, ti aiuta a fare bene.” Parliamo degli amici, quelli che restano per sempre nel cuore. “Senza dubbio Adriano Lombardi. Quando venni ad Avellino lui mi aiuto’ molto. Mi mise sotto la sua ala protettiva. Era un grande calciatore, un uomo sincero e disinteressato. Uno che aveva classe da vendere ma soprattutto una persona colta. Serbo un grande ricordo del rosso di Ponsacco. Tra gli altri ricordo con affetto Rossi e Pinotti, compagni di squadra anche in altre occasioni. Poi e non per ultimo Raffaele Schicchi una brava persona, un uono che vive di calcio. Si ricorda tutto, quando ci capita di parlare mi racconta nei minimi particolari anche i passaggi ed i minuti di gioco”. Che ricorda ha di Sibilia ? “Era un uomo che incuteva un certo timore reverenziale, un presidente come solo una volta potevi trovare”. Tanti allenatori nella sua carriera, ricorda quello avuto ad Avellino ? “Certo, Tony Giammarinaro”. Come mai solo undici gare con i Lupi ? “Semplice. Prima di passare ad Avellino, durante una gara fui colpito duramente al ginocchio e dovetti stare fuori circa cinque mesi poi in quell’anno come ti ho detto facevo anche il militare. L’anno dopo giocai con maggiore frequenza ma purtroppo cambiai casacca”. Si sente del nord, del centro o cosa ? “Mi sento un italiano e basta. Avellino e’ una città dello stivale e questo è quanto mi sento di dire, pero’ voglio ritornare sul concetto e spero di non apparire ripetitivo. Ad Avellino come a Napoli il calcio e’ anche folklore è una passione. I tifosi sono di un altro livello. Io a Varese sono stato tre anni ma non ho visto il calore che ho riscontrato in pochi mesi ad Avellino”. Come città le è piaciuta ? “Certo. Piena di vita, i tifosi sono eccezionali e la gente è molto disponibile. E’ stata una esperienza indimenticabile che porterò sempre nel mio cuore”. Parliamo ancora di allenatori, due toscani ovvero Mazzarri ed Agroppi. “Con Mazzarri ho giocato un anno a Pescara. Mai mi sarei aspettato che facesse l’allenatore, non mi sembrava che avesse le qualità che servono anche se…”. Quell’anche se ci interessa, ne riparliamo dopo. Tocca ad Agroppi. “Con Agroppi ci ho giocato assieme con il Toro e poi l’ho avuto come allenatore a Pescara. Come calciatore non si discute e’ arrivato in nazionale per merito. Uno bravo, come pochi. Come allenatore ha fatto benissimo, ha vinto campionati e portato la Fiorentina in Coppa Uefa, poi…”. Eccoci all’anche se ed al poi. “Michele se io e te avessimo allenato la Juventus cosa credi che avremmo fatto? Avremmo vinto lo scudetto, mica siamo incompetenti da mettere Buffon come centravanti ? l’allenatore bravo si vede con le piccole squadre tipo Sarri con l’Empoli. Poi e non è da trascurare che il risultato è relativo ma il gioco no. Puoi fare anche cento azioni e la squadra avversaria segna con un solo tiro in porta ma questo è un altro discorso”. Come vi avevamo anticipato Sergio Taddei dice quello che pensa e non quello che uno vuole sentirsi dire. Chiudiamo sui Lupi, quelli attuali. “La squadra mi sembra buona, puo’ fare bene, io me lo auguro ed e’ inutile dire che io tifero’ per la mia ex squadra. Un saluto a tutti i tifosi avellinesi, siete speciali”. Non serve altro per far capire che Sergio Taddei e’ un lupo dentro. Altro giro, altra corsa. Venghino siori e siori, la giostra e’ di nuovo in funzione. Ah, dimenticavamo. Direttore non dimenticare che senza di noi il tuo Ultra’ vale come il due nella briscola.
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