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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata
Alla fine è capitato. Dopo due anni di interviste, ci siamo riusciti. Commuoversi al telefono, sentirsi un nodo in gola ed accorgersi, improvvisamente, di non poter controllare le proprie emozioni. Il riaffiorare, incontrollato, di tutti i ricordi, uno dietro l’altro ed essere consapevoli, purtroppo, che quei momenti faranno parte per sempre del nostro passato e difficilmente potremo riviverli in un futuro, almeno immediato. L’Avellino è stato e mai più sarà. Partiamo e dalla fine, evitiamo inutili quanto faziosi voli pindarici. Rivedere i lupi in massima serie sarà come assistere ad un miracolo e si sa bene che non sempre capita di avere per ben due volte la stessa fortuna. Qualcuno ha detto che vivere di ricordi non ci aiuta ad andare avanti. Bene, avviatevi. Noi vi seguiremo. Può capitare anche questo nella vita. Uno sconosciuto quanto anonimo intervistatore per un attimo assurge a sommo vate, un modesto latore di giudizi che al telefono con il suo idolo parla di calcio e di ricordi come se fosse stato parte integrante di quei momenti. Bellissimi, irripetibili. Abbiamo avuto la fortuna di parlare con tanti indimenticabili giocatori dell’Avellino ma con lui è diverso. La massima serie, i grandi ricordi, partono tutti dallo stesso binario che ospita il treno della felicità. La storia del calcio irpino ha un nome e cognome, scolpiti per sempre nel muscolo cardiaco di ogni tifoso avellinese. Mario Piga è senza fallo alcuno colui che ha dato il via alla leggenda irpina. Avevo poco più di dodici anni, il calcio era il pane di tutti gli adolescenti assieme al mitico carosello delle venti in tivvù. Mario Piga l’ho sentito nominare qualche volta, e nell’anno del signore millenovecentosettantotto. Quella più piacevole e che mi è rimastra impressa è di certo quando da Genova il radiocronista di turno chiese la linea. Ascoltavamo tutti la radio, internet non esisteva. Ricordate? Scusa Ameri, prego Ciotti….altri tempi. Qui Genova, l’Avellino passa in vantaggio con un gol di Mario Piga. E’ fatta, pensai. Siamo in serie A. Obbligai mio padre a portarmi ad Avellino per assistere ai festeggiamenti. Nel mentre scrivo gli occhi si gonfiano, l’emozione non ha prezzo. Rintracciarlo è stato facile. Qualche telefonata tra Palau e Sassari. Lo rintracciamo nella gioielleria della moglie in via Brigata Sassari. A rispondere è proprio il mitico gemello dell’altro calciatore dell’Avellino, punta, di nome Marco. “Pronto? Cerchiamo Mario Piga. Di rimando una voce sconosciuta ai miei orecchi ma di già molto familiare. Sono io dica pure…Un flash, improvviso. Il numero otto sulla maglia verde con i bordi bianchi, la sua conclusione in porta ed un grido di liberazione che pervade nei cuori di intera provincia. Siamo di Avellino e vorremmo…Ecco la parola magica. Apre tutte le porte. Avellino è garanzia di qualità. “Che piacere sentirvi, come sta il mio amico Luigi Pisano? Lo sai che se ho una gioielleria è proprio perché ad Avellino mia moglie stava sempre in quella de mio amico Vincenzo Ieppariello? Hai presente piazza della libertà? Quando si giocava in trasferta mia moglie dormiva a casa dei miei amici ed a furia di stare sempre in gioielleria fini per imparare a fare i pacchetti ed a conoscere il mestiere. Quando ho smesso di giocare ci siamo trasferiti a Sassari e quindi abbiamo aperto una gioielleria in centro, Anche questo un segno del destino e che mi porta sempre ad Avellino” La sensazione è di quelle giuste, all’Avellino tutti restano legati. “Ho passato gli anni più belli della mia vita, sono giunto in Irpinia che ero un ragazzo e l’uomo che sono lo debbo a voi ed al calore della gente di Avellino”. Le fa piacere sapere che seppur dopo tanti anni ci sono ancora tante persone che la ricordano con affetto? “Certo. Lo sapevo, mi sento spesso con gli amici che ho lasciato ad Avellino. Ti dico una cosa, mi trovai ad indossare la maglia biancoverde grazie a Marco e mi spiego meglio. Eravamo piccoli ed avevamo un sogno ossia giocare assieme. Quando la società irpina chiese all’Atalanta mio fratello gli fu detto di prendete i gemelli o non se ne faceva nulla. Che momenti, parlarne mi mette una certa emozione”. La commozione ci accomuna nel mentre ci divide solo il filo del telefono. Il sottoscritto, per la prima volta, fa fatica a parlare. L’interlocutore di turno lo capisce e mi chiede di stare calmo. “Capisco che sei particolarmente colpito ma sai una cosa, quelli passionali come te hanno un gran cuore e sono felice di parlarne con te dei tempi che furono. Mi aiuta a togliermi dallo stato di empasse. Hai detto che avevi dodici anni, ci siamo mai incontrati? Raccontami di te”. Non aspettavo altro. Sono passati trentadue anni. Gli racconto tutto, dal primo all’ultimo istante. “Ajo…ti ricordi anche della centoventisette azzurra targata Sassari e del portabagagli ? He he he, venivamo da Bergamo io e Marco con in tasca soloi soldi della benzina. Altri tempi. Però caro Michele che memoria. Ricordo del ritiro di Solofra e di tutti, da Roggi a Peppe Massa. Vedi, aver passato alcuni anni da voi mi rende speciale proprio perché so che non ci dimenticherete mai”. Ha a disposizione tutto il tempo che vuole. Mario Piga è lo scoop di questa rivista, ci racconta qualcosa di carino, di particolare? Inizia a ridere e parte con i ricordi: “Giocavamo in B, l’anno della promozione. Sai non ci filava nessuno, eravamo tutti scarti delle altre squadre, non avrebbero scommesso manco un soldo eppure alla fine vincemmo un grande campionato. Ti racconto una storia curiosa, so che vai a caccia di aneddoti. La partita era Varese contro Avellino che terminò uno ad uno. L’ allenatore era il grande Carosi, giocavamo in trasferta. Il mister a tavola mi dice che verrò con lui in panchina ed a Marco che si accomoderà in tribuna. Mi pare strano, mio fratello era impiegato molto più di me. Comunque non discuto e seguo le direttive del mister. Sulla distinta scrivono il mio nome e Marco a tavola che sa che non verrà impiegato si da alla pazza gioia e si concede anche il dolce e l’amaro. Il mister mi spiega che in caso di gol avversario mi farà entrare e giocare in mezzo all’area avversaria. Io lo guardo e con la semplicità che mi contraddistingue gli dico. Mister ma non era meglio far giocare mio fratello in quel ruolo? E lui mi guarda e….Ma allora tu non sei Marco? Gli dico che sono Mario e lui…Corri a chiamare Marco. Io esco e rincorro mio fratello che è al bar a bene in tutta tranquillità. Marco, Marco…ajo corri che tocca a te….” Cinque anni, tante battaglie e la brutta esperienza del terremoto. “Lo sai che ricordo tutto, attimo per attimo anche del sisma del 23 Novembre? Stavamo a casa mia, c’era mia suocera e si mangiava rigorosamente sardo. Aspettavamo che arrivasse anche Marco che era a Verona. Nel pomeriggio era stato da ma Pier Paolo Marino che divenne addetto stampa grazie anche al mio intervento con il presidente Sibilia. Piero Paolo era bravo anche da giornalista, lavorava a radio Irpinia assieme a Nicola Cecere, ed io spesso ero ospite nei loro studi. Ci sentiamo spesso. Il tempo di prendere la forchetta e dare il colpo al primo assaggio che trema tutto. Il palazzo era nuovo e costruito con un sistema antisismico. Quanta paura, ci ritrovammo tutti per la strada”. Qualche settimana dopo giocammo al San Paolo contro il Catanzaro. Segnò Juary ed io ero in curva a tifare per l’Avellino, ricordo di una grande gara di Mario Piga sulla fascia. “Si, fu una bella gara e vincemmo grazie ad un mio assist per Jorge”. Sia sincero, è vero quello che si dice di Avellino e degli avellinesi? “E’ vero tutto. Dalla legge del Partenio al fatto che non si pagava ai bar e nei ristoranti. Mi fa male vedere i lupi nei dilettanti, ai miei tempi anche la Juventus doveva sudare per prendersi almeno un punto. Eravamo i lupi, quelli che non si arrendevano mai”. Siamo in chiusura ma questo è solo un arrivederci. “Complimenti Michele, stai facendo una bella cosa ma perché non organizzi…Permettimi di salutare tutti gli avellinesi in un simbolico quanto importante e sincero abbraccio. Senza di voi la mia vita non sarebbe stata la stessa” Gli spiego il nostro progetto, lui è entusiasta e ci invita a Sassari. Manca poco, siamo in dirittura d’arrivo è ora di metterci al lavoro per scrivere l’ennesima avventura marcata “Amarcord Avellino”. Mario mi dice di scrivermi i numeri di casa e del suo cellulare. Capita anche questo, il mito di un ragazzino che diventa il suo amico “piccolo” e grande amico. Grazie Mario…ajo…
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