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DI STEFANO SICA
Gli anni passano, la storia si evolve, ma non dimentica le sue testimonianze più autentiche. Il 27 giugno del 2010, il Pianura dei fratelli Lino e Antonio Cafasso disputava la sua ultima partita ufficiale nella finalissima play-off di serie D contro il Matera, a Chieti. Una rete in pieno recupero del lucano De Vecchis spezzò solo sulla carta l’ambizione di professionismo dei biancazzurri, che in realtà avevano già il ripescaggio in tasca grazie alla moria di club che aveva indotto la Figc a procedere a ben 12 salvacondotti. La Paganese, fresca retrocessa, conservò il suo posto in Prima Divisione, mentre in Seconda approdò addirittura il Carpi di Cristiano Giuntoli, vittima autorevole dei partenopei in una sfida epocale, che leggenda e sogno accompagnarono dolcemente in una dimensione universale. Tutto si frantumò in un triste pomeriggio di luglio (peraltro piovoso per chi ha buona memoria), quando si ebbe la certezza ufficiale che la famiglia Cafasso non aveva iscritto il club in D, passaggio formale e necessario per un ripescaggio successivo in Seconda Divisione. Inutili le mediazioni intercorse tra i tifosi (e una parte della stampa che a quei tempi seguiva da vicino le sorti biancazzurre) e la società. Si sperava in un colpo di coda che non arrivò. In un atto d’amore istantaneo che fosse più forte di certe giuste perplessità. Il Simpatia era diventato ormai epicentro di riunioni febbrili, se non quotidiane: la comunità pianurese si stringeva a difesa di quella sua ricchezza inestimabile e di una grande bellezza che aveva fatto sognare un quartiere intero. Infruttuoso il tentativo disperato di coinvolgere anche imprenditori locali, tramite l’attività instancabile di un professionista del quartiere, Gennaro Manfredi, tifoso storico e innamorato da sempre della sua squadra. Lino Cafasso preferì alzare bandiera bianca: un gesto sofferto ma quasi naturale, dal momento che Pianura non avrebbe trovato una casa che onorasse la sua nuova dimensione aristocratica. Fuori gioco il San Paolo, legato ad una convenzione tra il Comune e il club di De Laurentiis, restava il Collana al Vomero. Ma l’ostracismo di una parte dei residenti della zona fece naufragare anche questa ipotesi (da parte di alcuni cittadini vomeresi si addussero non meglio specificati motivi di ordine pubblico). Con la stanchezza e la disillusione ai massimi termini, i fratelli Cafasso scelsero di uscire dal mondo del calcio, regalando però il titolo sportivo al quartiere affinché il calcio nel territorio continuasse a garantirsi la sua normale continuità. Un’ultima dichiarazione di riconoscenza e amore, ma che fu inibita e mortificata dalla mancanza di finanziatori seri e credibili.
Nove anni dopo quella favola torna a risvegliarsi e ad emozionare. E lo fa grazie agli slanci di alcuni visionari che prima di altri hanno intuito la vivacità sociale e le potenzialità di un quartiere che da sempre mastica calcio. Oggi Pianura, oltre al club biancazzurro, può vantare altre due società in Prima Categoria (Boys Pianurese ed Interpianurese) oltre ad una serie di realtà sportive minori (anche giovanili) la maggior parte delle quali svolge attività al Simpatia, struttura principe del territorio affidata da anni alla cura di uno noto appassionato di calcio come Antonio Chianese. Il Pianura odierno ha il volto della famiglia Di Costanzo, da sempre legata al ramo dell’edilizia e soprattutto nativa del quartiere. Per loro il rilancio della società biancazzurra è diventata una faccenda d’amore. Lo è certamente per Pietro Di Costanzo, il presidente “ragazzino” che dalla scorsa estate si è caricato l’onere di una gestione che ha iniziato a dare subito i suoi frutti. Dopo il recupero della denominazione e del marchio storico, il Pianura sembrava destinato a destreggiarsi in categorie minori solo per affermare un semplice principio di sopravvivenza. Con i Di Costanzo è cambiata la musica. Le ambizioni profumano di eccellenza e le speranze di una intera comunità non sono più all’incanto. Si guarda avanti, per migliorarsi sempre. E si gettano le basi per un impianto organizzativo funzionale al raggiungimento di determinati scopi. Tanto che il primo pensiero del numero uno biancazzurro, appena dopo la promozione matematica maturata dieci giorni fa a Mugnano, è stato quello di studiare forme e realizzazione di un allargamento societario con figure professionali specifiche. Il campionato di Promozione deve essere solo una tappa di questo percorso e nulla si può lasciare al caso o all’improvvisazione. Perché l’obiettivo nel lungo termine è la serie D, quel perimetro nel quale il vecchio Pianura si era ormai stabilizzato.
Allo studio c’è anche la costruzione di un impianto sportivo dalle parti di Via Montagna Spaccata, anche se sarà ancora il Simpatia il fortino dei biancazzurri nella prossima stagione. Un piccolo gioiello che sa di storia. E infatti il sodalizio dei Di Costanzo trae la sua ragione principale di esistenza da quel nucleo di tifosi che ne stanno tramandando di anno in anno la memoria. Sono gli stessi, capeggiati da un’istituzione del quartiere, Mario Iacuaniello, che rappresentavano la prima linea del tifo biancazzurro negli anni d’oro. E sono gli stessi che al Vallefuoco non hanno fatto mancare il loro incitamento. Non esiste ruga che abbia opacizzato il loro volto entusiasta. Oggi è anche il Pianura di Mariano Ventre, punto di forza di questo gruppo ma in campo pure nove anni fa nell’ultimo atto teatino, o di Massimo Beneduce, pianurese doc e factotum utile per ogni desiderio.
C’è tanto da pedalare perché il cammino è ancora lungo. Ma Pianura torna finalmente a vincere. E, ora come allora, vuole rivivere quell’utopia.“Yes, we can” non è soltanto uno striscione che campeggia da oltre 15 anni sulle tribune, o un semplice slogan che ha fatto le fortune di un ex presidente americano. E’ soprattutto il segno di una appartenenza genuina e immortale, che in questa utopia ci ha sempre creduto. E che oggi vuole godersela fino in fondo.
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