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Antonio De Curtis, in arte Totò, in una delle sue pellicole più toccanti raccontava così al suo psichiatra la sua idea di umanità. « L’umanità, io l’ho divisa in due categorie di persone: Uomini e caporali.
La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali, per fortuna, è la minoranza.
Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare per tutta la vita, come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza mai la minima soddisfazione, sempre nell’ombra grigia di un’esistenza grama.
I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque..”.
Com’è strano realizzare che un film così antico sia così recente e non necessariamente quando si parla di politica. In un paese così corrotto come l’Italia non può che subirne le conseguenze anche quel meraviglioso sport che continuamente ci procura tante emozioni. Una commedia, una farsa, un copione di teatro simile a quello già messo in scena negli scorsi anni, riadattato il tanto quanto basta per prendere in giro chi ancora crede che il calcio italiano sia pulito. Sono accusati di mancanza di onestà intellettuale tutti coloro che negano l’evidenza o che preferiscono rimanere nel silenzio. Nel dantesco bel paese (ma chiamiamolo anche paese dei balocchi) fortunatamente c’è chi la pensa in maniera diversa, chi non è esecutore della politica del servilismo e chi non ha paura di andare contro tendenza. Paolo Del Genio, giornalista napoletano, non ha avuto paura di definire il calcio italiano, uno schifo. E mi accodo alle sue parole, pur essendo una piccola firma in un mondo che dovrebbe essere totalmente rivoluzionato.
Si sa, è a Napoli che siamo maestri di sceneggiate e commedie. Ma quest’anno, anche a Torino, hanno dimostrato di saperci fare scivolando, però, nel ridicolo. Perché ciò a cui continuamente assistiamo sembra una montatura, ed è meglio abituarci a qualcuno pronto a saltare fuori con un grosso cartellone con scritto “Scherzi a parte”. Perché ci illudiamo e non ne possiamo fare a meno, ma a volte proprio non se ne può più. Non se ne può più di chi sbandiera protezione, sensibilità, giustizia in ambito internazionale e di chi si nasconde dietro una maschera di vittimismo. Di chi, invece, in Italia ha il potere economico assoluto mettendo le mani sulla stampa nazionale che, pur di non remare contro, giunge a negare un’evidenza che sarebbe confermata pure da chi di calcio se ne intende poco.
Ma da Madrid a San Siro è un attimo. Perché non si può immaginare né in cielo né in terra una Juventus che non arricchisce la propria bacheca di un trofeo diverso dallo scudetto (specie se poi, proprio in ambito internazionale, non costituisce una delle principali potenze). Così basta organizzare la perfetta recita assegnando i ruoli ai vari Tagliavento, Orsato e Mazzoleni, i migliori interpreti sul palcoscenico della falsità, e aspettare che si concluda in bellezza favorendo, con il solito lieto fine, la formazione con la maglia a strisce.
Il siparietto fra Allegri e Tagliavento, un labiale del tutto interpretabile a fine gara, un doppio giallo mancato a Pjanic, un’espulsione più che discutibile di Vecino. Cosa devono vedere più i nostri occhi? Ci sarà qualcos’altro che ci procurerà così tanto schifio e così tanta rabbia?
Il calcio italiano è vergognoso e ad uno come me, amante di un giornalismo basato sulla verità e non sulla menzogna, non resta che denunciare. Non resta che andare contro tendenza. Perché quando si va contro un potere si rischia, è vero, ma non si hanno mai rimpianti perché si portano alla vittoria quei valori che dovrebbero rendere questo lavoro, uno dei più belli: l’onestà intellettuale e la verità, la chiarezza. Anche quest’anno lo scudetto, probabilmente, finirà nelle mani dei bianconeri, elogiati dalla stampa nazionale per la loro impresa storica a San Siro, con errori arbitrali molto discutibili e senza che Buffon giudicasse insensibile nessuno.
Anche quest’anno ha vinto chi in Italia ha più potere. Chi ha tanti fili quanti sono i burattini da muovere. Ma ciò che è successo a Napoli ci permette di dire che uno squarcio di calcio esiste ancora e che, per fortuna, c’è chi pensa ad un rettangolo verde facendo divertire e facendo sognare una tifoseria. Una tifoseria che ha mandato in tilt un’intera città dapprima con 15mila tifosi a Capodichino e poi con 5mila tifosi alla stazione di Napoli centrale. Una città che ha colorato un campionato che, come da copione, sarebbe dovuto finire già a Gennaio.
E allora, infine, basta avere sale sugli occhi. Basta giustificare i caporali, basta cercare un qualsiasi aggancio pur di non fare i conti con la dura realtà che ci circonda. Una realtà fatta di corruzione calcistica, di asservimento, di potere politico ed economico il cui solo andare contro costituisce un rischio. Che siamo, dunque, uomini, che se pur soggetti alle prese in giro di una (fortunatamente) minoranza di padroni, almeno fieri d’essere uomini giusti ed onesti, lontani da chi si occupa di calcio solo per riceverne in cambio un bonifico.
Se nella vita farò il giornalista, mi piacerebbe fare rivoluzione e riuscire ad avere in pugno questi caporali che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno e che troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza..
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