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Venerdì sera, i tifosi della Salernitana hanno fatto una richiesta. O meglio, hanno espresso un desiderio nemmeno tanto nascosto: vada come vada, che finisca presto questa stagione. Lunga, straziante, maledetta, sfortunata e…ancora, ancora, ancora. Si potrebbe continuare all’infinito. “Playout, retrocessione o salvezza…finisca presto questa tristezza”. L’auspicio sta tutto qui. In queste poche (ma dure) parole. Salerno è stufa, stanca, colpita nell’animo. Ed i suoi tifosi, sedotti ed abbandonati perchè riuscirono a strappare una promessa al co-patron Claudio Lotito, la scorsa estate: “Con me al timone, mai più vedrete la Salernitana nell’inferno della serie C”. Possibile, probabile, ma al contempo difficile. Nessuno se l’aspettava così l’esordio della creatura del duo Lotito-Mezzaroma in serie B. Nessuno. Eppure, qualcosa (quasi tutto, in verità) non è andato. Qualche ingranaggio, strada facendo, s’è inceppato. Tanti, troppi gli errori commessi dentro e fuori dal campo: dalle scelte operate nel corso del mercato estivo a quelle del mercato invernale, passando per le incommensurabili occasioni (e punti) lasciate per strada nel corso dell’intero campionato. Senza contare, poi, un dato di fatto che sta avendo un peso specifico notevole: la preparazione fisica ed atletica. Quella sconosciuta, verrebbe da dire, svolta in estate con calciatori che hanno poi abbandonato la nave all’ultimo giorno utile per i trasferimenti, e a gennaio, prima della gara con l’Avellino, con tantissimi ragazzini e tra problematiche di vario tipo. Bene, ma cosa c’entra con quel che sta succedendo oggi? C’entra, eccome se c’entra. Perchè a Cascia, Vincenzo Torrente si ritrovò a dover lavorare con i vari Calil, Russotto, Liverani, Castiglia etc., tutta gente andata via poco tempo dopo. Arrivarono i vari Coda, Schiavi, Sciaudone, Donnarumma, Empereur, Odjer, Rossi, Milinkovic, quando la stagione era prossima all’apertura dei battenti. E molti di loro con pochissimi allenamenti nelle gambe. Stesso refrain in inverno, con una mezza rivoluzione atta a rimediare agli errori precedenti. E, di conseguenza, tra calciatori alla prima esperienza tra i “grandi” e fuori forma a causa di vicissitudini con i vari club d’appartenenza, a gennaio eravamo punto e a capo. Da qui, dalla poca benzina nelle gambe e un po’ anche dalla sfortuna, i tantissimi infortuni di natura muscolare occorsi ai calciatori granata. Ultimo, in ordine di tempo, Riccardo Colombo che ieri è restato stoicamente in campo, nell’inusuale veste di punta centrale. L’entità dello stiramento sarà valutata in questi giorni, ed ovviamente si saprà anche se riuscirà ad essere disponibile o meno per la gara d’andata dei playout (filtra pessimismo, però). Colombo, ma non solo: anche Odjer ha ancora fastidio al flessore, mentre Bagadur è ancora out ma dovrebbe rientrare per gli spareggi. Il centrale croato, arrivato dalla Fiorentina a gennaio, c’ha messo un po’ per carburare: durante i primi allenamenti ha sofferto un po’ i carichi di lavoro, lamentando spesso noie muscolari e crampi. Pian piano ha recuperato, complice anche la verdissima carta d’identità, seppur non sia mai riuscito ad essere al 100% della forma. Potrebbe toccare a lui affiancare Bernardini (neanche Empereur se la passa tanto bene, dopo il cambio forzato di venerdì sera), con Tuia a destra nel caso in cui nè Colombo nè Ceccarelli dovessero essere a disposizione. Tuttavia, l’ex Bologna dovrebbe rientrare a pieno regime. Ora c’è davvero bisogno di tutti: forse anche di quel Raffaele Schiavi “spesso influenzato ed alle prese con problemi fisici”, come rimarcato da Menichini nel postpartita ieri. La verità, comunque, dovrebbe trovarsi come al solito nel mezzo e questo è uno dei tanti casi archiviati, temporaneamente, alla voce “cose da chiarire al termine della stagione”. Perchè questo è un momento troppo delicato ed esacerbare gli animi già caldi sarebbe controproducente. Guai a staccare la spina, però, almeno per una volta. Liberare la mente va bene, ma la spina deve rimanere per forza di cose attaccata. Ancora per un po’: come quando si fa sera, dopo un’intensa giornata, con la batteria dello smartphone che diventa rosso. La percentuale s’abbassa, anche solo con uno sguardo, e lo schermo perde luminosità. E qui che capisci che bisogna ricaricare assolutamente la batteria. Altrimenti si spegnerà, non darà più alcun segno di vita. La Salernitana, adesso, è un po’ così. Come un cellulare quasi scarico che però ha tutto il tempo per ricaricarsi, nuovamente, e trovare la forza di affrontare altre giornate intense e probanti. Che alla fine saranno soltanto due, in rapida successione. 180 minuti thrilling, nei quali calciatori, dirigenti, tifosi e città si giocano tutto. Perdere un patrimonio come la serie B dopo anni di polvere inghiottita in giro per l’Italia, tra dilettanti e categorie minori che non appartengono a questa città, a questa gente. Che adesso chiede, quasi implora, che venga condotta in porta una stagione che più nera non poteva capitare. Tra fato ed errori, peggio non poteva andare. O forse sì, chissà. Tocca sperare nell’assunto, diventato ricorrente negli ultimi giorni, “che ognuno ha quel che si merita”. Perchè Salerno, che riesce nonostante tutto a far battere 18mila cuori sui gradoni dell’Arechi, non merita un mesto ritorno in Lega Pro. Non merita “questa tristezza”. Ma ben altri palcoscenici.
Raffaele Cioffi
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