13 Settembre 2024
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Roma, analisi di un declino

Dopo il tennistico 7 a 1 subito dalla Fiorentina, si apre la crisi in casa Roma

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Roma, “nun fa la stupida stasera”. O meglio, smetti di farla. Nel calcio si vince e si perde, ma sempre con un briciolo di stile, di organizzazione, di sale in zucca. I giallorossi, invece, paiono averlo smarrito. Come recita la saggezza popolare, il pesce puzza dalla testa. La testa, in questo caso, non può che essere la cordata imprenditoriale capitanata dal presidente James Pallotta. Da quando si è insediato alla guida della Roma, quotandola anche in Borsa, persegue una precisa politica orientata all’utile di bilancio e al mantenimento di una squadra competitiva, obiettivo quest’ultimo inseguito attraverso cessioni mirate, plusvalenze, e conseguenti reinvestimenti. Non a caso, è stato ingaggiato un ds specializzato: Monchi, tra gli artefici delle fortune del Siviglia. Nell’ultimo biennio, sono andati via tre giocatori fondamentali nello scacchiere capitolino: per ultimo Radja Nainggolan, il ninja, “tuttocampista” capace di ricoprire più ruoli a centrocampo e aumentare il tasso di agonismo sul terreno di gioco. Prima di lui è toccato al portiere brasiliano Alisson, bravo sia con le mani che con i piedi, abile anche nel “leggere” le azioni e soccorrere i difensori nel momento del bisogno con uscite di qualità. La prima cessione eccellente, com’è noto, è stata quella di Momo Salah, ala destra di piede mancino e una rapidità in grado di aprire le difese e creare la superiorità numerica. Al loro posto, sono sbarcati all’ombra del Colosseo tanti giocatori, che non sono ancora riusciti a incidere rispetto alle aspettative. Cinque su tutti: Lorenzo Pellegrini, Bryan Cristante, Javier Pastore, Justin Kluivert, Steven N’Zonzi.

Il centrocampista italiano, fortemente voluto dal tecnico Di Francesco, ha cambiato e continua a cambiare spesso posizione in campo e ruolo. Una volta trequartista alle spalle della prima punta, con compiti anche di copertura, altre volte mediano di schermo davanti alla difesa, nell’ormai abituale 4-2-3-1 scelto dall’allenatore. Cos’ è Lorenzo? Un jolly? Forse non lo sa neanche lui, infatti alterna buone prestazioni a partite inguardabili. Cristante, non si sa bene perché, è stato spostato in una posizione del tutto diversa rispetto a quella che occupava nell’Atalanta: a Bergamo faceva la mezz’ala di centrocampo, con licenza di spingere e di inserirsi negli spazi creati dalle punte, a Roma è stato reinventato nel ruolo di mediano. Infatti il suo rendimento è basso. Pastore è l’unico impiegato nel suo ruolo, ma forse gli occorre una tiratina d’orecchie. Sembra fuori forma e pure svogliato. I piedi buoni li ha: si ricordi come si chiama e cosa sa fare. Justin Kluivert è un diamante grezzo su cui bisogna lavorare, prima di tutto sul fisico. Infatti è ancora troppo magrolino, deve irrobustirsi e allenarsi a subire contrasti decisi. Sulla sua posizione, invece, ci permettiamo di suggerire al buon Eusebio di non snaturarlo: è un’ala sinistra, di piede destro, che ama accelerare verso il fondo o convergere al centro, acquistando così maggiore imprevedibilità. “Confinandolo” sulla fascia destra, invece, lo si rende prevedibile e facilmente marcabile. In ultimo, il campione del mondo. Esatto, proprio un campione del mondo con la sua Francia. AAA. Cercasi Steven N’Zonzi: lento, macchinoso, troppo elementare. Tanto valeva valorizzare un giovane della Primavera, allora, invece di investire circa venticinque milioni di euro, mica bruscolini.

E veniamo al coach Di Francesco. Come molti allenatori “integralisti”, crede che il modulo più adatto alla sua Roma sia appunto il 4-2-3-1. Ha tutto il diritto di pensarlo, ma i risultati non sono esattamente dalla sua parte. Gli undici in campo, probabilmente, per caratteristiche tecniche e fisiche, non sono in grado di interpretare quel sistema di gioco. Facciamo un esempio, prendendo spunto dall’incredibile pareggio maturato contro l’Atalanta, a Bergamo, nell’ultimo turno di campionato. Tre a zero alla fine del primo tempo, tre a tre il risultato finale. E gli uomini di Gasperini hanno addirittura sfiorato il colpaccio. Cos’è successo? Tralasciando i singoli, analizziamo la tattica giallorossa. Nei primi quarantacinque minuti, riuscendo a pressare alta l’Atalanta con i quattro uomini d’attacco e accorciando con gli altri due reparti, la Roma è riuscita sempre a chiudere gli spazi e a ripartire con qualità, soprattutto grazie alle sortite di Zaniolo. Nella ripresa, invece, i romani si sono rintanati nella loro porzione di campo, non riuscendo più a costruire un’azione degna di nota. Poi, quando provava a costruire un’azione, spesso risultava “spaccata” e sfilacciata, con enormi vuoti al centro egregiamente riempiti dalle mezze punte bergamasche Ilicic e Gomez, che infatti hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Spettabile Eusebio Di Francesco, non sarebbe meglio irrobustire la mediana, mettere ognuno al proprio posto e provare a disporre diversamente gli uomini in campo?

Foto da Eurosport


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