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servizio di Vincenzo Capretto @ riproduzione riservata
Il primo Napoli di Gattuso perde ancora. Gli azzurri vanno sotto, per mano di Kulusevski, su errore clamoroso di Koulibaly, nella stessa azione brutto infortunio per il senegalese. Nella ripresa riescono a pareggiare con Milik e nel finale vengono condannati da Gerivinho. I partenopei, ormai, non vincono in campionato da oltre 50 giorni.
Purtroppo la regola del calcio condanna, quando le cose vanno male, sempre e solo la stessa persona, l’allenatore. Ma in questo momento, a parte qualche eccezione, chi dovrebbe essere licenziato su due piedi sono proprio i giocatori. La situazione è preoccupante, delicata. Qui non si tratta del quarto posto o dell’Europa League, qui si tratta di ritrovarsi in qualcosa che questi giocatori non sono abituati. Il Napoli ha ancora due tre partite di credito poi il baratro è lì ad un soffio. Non vogliamo essere catastrofici ma solo oggettivi ed obiettivi. Il rischio reale è questo.
Non possiamo gettare la croce sul povero Gattuso che si è ritrovato una sorta di Ferrari tra le mani con l’acqua nel serbatoio. Risalire diventa arduo se non si capisce da dove entra questa acqua. L’additivo Ringhio non basta da solo. Siamo d’accordissimo con il tecnico calabrese, quando in conferenza post gara dice che i primi dieci minuti rappresentano il Napoli di questo momento. Errori ridicoli per giocatori di Serie A, ansia e paura. E siamo altrettanto d’accordo quando dice di non appellarsi alla sfortuna, sarebbe troppo semplice. Peccato, però, che solo nella conferenza lo stesso Mister abbia capito che la squadra non ha equilibro. In quasi in tutti i reparti. Pazza la sostituzione di Allan per Mertens, seppur il belga dà vivacità alla manovra azzurra, lascia un Napoli già in crisi di identità senza l’unico vero lottatore al centrocampo.
Diventa davvero difficile raccontare del Napoli. Quasi tutti gli interpreti sembrano la brutta copia dei giocatori ammirati e desiderati da tutto il mondo. Da Koulibaly a Fabian Ruiz, da Insigne a Callejon.
Prima di parlare di classifica e fare proclami bisogna lavorare sulla testa di questi uomini, senza quella non si farà molto strada, neanche con un guerriero come Gattuso. Il nostro pensiero espresso già qualche domenica fa, resta lo stesso. Non cambia di una virgola. Gli azzurri quando scendono in campo, come una buona squadra di bassa classica, devono prima di tutto badare a non prenderle e poi tentare a ripartire per far male. Non ci sono strade alternative. In attesa di risultati e miglioramenti fisici ma soprattutto mentali.
Oggi, in questo momento, questa squadra è troppo fragile per provare ad imporre gioco e ritmi anche perché, quasi sistematicamente, al primo errore viene punita. Prima riuscirà a calarsi in questa realtà e prima uscirà da questo lungo tunnel
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