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A volte non bastano cinque minuti per ragionare a mente fredda. Ci sono partite che necessitano di una certa elaborazione mentale anche nell’analisi perché, specie quando ti coinvolgono personalmente, hanno bisogno della migliore oggettività e della migliore onestà intellettuale. Juventus-Napoli è stata innanzitutto una partita che ha visto contrapposte due filosofie diverse. Quella di un Max Allegri che predilige il cinismo, la giocata dei singoli, affidandosi alla tecnica individuale (lui stesso dopo Inter-Juventus dello scorso anno, in un battibecco con Adani di Sky, dichiarò quanto la tecnica fosse importante nel calcio) e quella di Ancelotti che ha in comune, con il comandante Sarri, ora alla guida del Chelsea, l’unione e il gioco di squadra, basato meno sui singoli e tanto sulla coesione delle diverse individualità sul rettangolo verde. E’ stato un Napoli coraggioso. Sì, perché non si è tirato mai indietro, ma fin dall’inizio ha dimostrato di voler tener testa ad una delle migliori Juve di sempre, targata Cristiano Ronaldo. Quel gioco di squadra di cui si parlava poco fa è evidente nell’azione del gol, quando con tre tocchi, sull’asse Allan-Callejon-Mertens, gli azzurri siglano lo 0-1, con l’aiuto di un non impeccabile Bonucci. Ciò che viene dopo i primi venti minuti di gioco è l’ingenuità. Ingenuità dei singoli come Hysaj che, al posto di appoggiare comodamente il pallone fra le mani di Ospina, lo cede lateralmente a Ronaldo. Al portoghese non basta tanto per mandare al bar il terzino. Albiol e Koulibaly corrono a saltare su Can, lasciando Mandzukic a Mario Rui. Nel duello aereo, però, non c’è paragone e il croato sigla il pareggio. Ingenuità anche sul terzo gol, quando Allan e Malcuit restano a guardare lo scatto di Bonucci alle loro spalle. L’assist di Ronaldo gli permette di siglare il definitivo 3-1 che stende gli azzurri.
Determinante durante la gara è stata l’espulsione di Mario Rui. Ma più che il terzino portoghese, il protagonista è il direttore di gara Banti, forse non all’altezza della partita stessa. Ancelotti lo ha definito superficiale nella decisione che ha portato il Napoli a giocare in 10. Rui è sì ingenuo, ma il signor Banti ha messo in luce una pessima gestione dei cartellini, graziando Matuidi, Cancelo e Alex Sandro almeno una volta a testa (il francese per ben tre volte). L’impressione è che non abbia certamente utilizzato lo stesso metro di giudizio. Il che, se si vuole o meno, ha costituito un vantaggio per la squadra di Allegri. E pensare che Pjanic questa partita non avrebbe nemmeno dovuto giocarla (impensabile il giallo rimediato nella gara precedente contro il Bologna quando Dijks per poco non ci rimetteva la tibia; il caso ha ricordato molto il rosso a Vecino, ma in quel caso il giudizio fu più severo..)..
Non è certo l’arbitro a giocare le partite, ma non si può certo dire di vedere grandi sfide dirette da arbitri impeccabili. E questo non è certamente un qualcosa di positivo, al di là del match fra Juventus e Napoli.
Gran parte della gara, evidenziato alla fine dell’articolo, ma non per questo meno importante, è merito della Juventus. Sette su sette. Una squadra certamente superiore a tutte le altre, Napoli compreso. E’ corretto, difatti, considerare i partenopei inferiori alla Juventus, e non di poco. Il valore aggiunto da 300 mln di euro, anche se non illuminato dai riflettori, è stato decisivo. In tutte e tre le azioni c’è il suo zampino, pronto ad essere sfruttato da un compagno.
La squadra di Ancelotti ha bisogno di ancora un po’ di tempo necessario per oliare al meglio gli ingranaggi di un nuovo sistema di gioco che spesso fa uso della novità 4-4-2. La prestazione non è da buttare via. Ma i nostalgici sono tutti con la testa alla perfetta prestazione di un anno fa del Napoli targato Sarri. Il cambiamento è del tutto evidente, ma il lavoro di Ancelotti presto darà i suoi frutti del tutto, e perché no porterà il Napoli a dare non poco filo da torcere alla vecchia signora nelle gare a seguire e, in particolare, nella gara di ritorno al San Paolo.
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