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Servizio di Maurizio Longhi @riproduzione riservata
Anche se lo faccio raramente, questa è una delle poche volte in cui scrivo un articolo in prima persona. Lo faccio per raccontare il mio Napoli-Juventus più bello, anche se non l’ho visto, ma hanno avuto questo privilegio solo coloro che erano presenti allo stadio, in una calda serata di fine agosto del 2006. Faccio una premessa e parto dal 1989: per combattere questa quarantena, ho collegato YouTube al televisore e ho visto un Napoli-Juventus memorabile, che vidi anche all’epoca, anche se da una postazione particolare ma sicuramente confortevole: il grembo di mia madre. Erano i quarti di finale di Coppa Uefa, la gara d’andata si giocò a Torino e la Juventus si impose con un 2-0 secco maturato nella prima frazione di gioco. Al ritorno, in un San Paolo gremito, il Napoli era chiamato a ribaltare quel doppio svantaggio. Lo stadio era una bolgia, strapieno in ogni ordine di posto, tutto esaurito.
Maradona portò in vantaggio gli azzurri su rigore, poi Carnevale completò la rimonta: 2-0 all’intervallo. Nella ripresa, i bianconeri riuscirono a resistere e gli uomini di Ottavio Bianchi non trovarono lo spazio per il gol che li avrebbe proiettati in semifinale. Si andò ai supplementari, la gara era tiratissima, la tensione si tagliava a fette. Ormai ci si avviava ai rigori quando, all’ultimo minuto, Renica di testa fece letteralmente venire giù il San Paolo. Tremarono i palazzi, tremò una intera città, i giocatori della Juventus crollarono a terra, mentre Renica correva per tutto il campo, ebbro di gioia. Ma quel Napoli, va detto, aveva tutte le capacità per ribaltare un doppio svantaggio, anche contro una rivale storica come la Juventus, abituata da sempre a vincere.
In quel 2006, invece, il Napoli non poteva proprio competere contro la Vecchia Signora. Basterebbe ricordare un motivo per rendersene conto: la Juve era reduce dalla vittoria dello scudetto (poi revocato per le ben note ragioni) e aveva una nutrita rappresentanza in quell’Italia di Lippi che in Germania si issò sul tetto del mondo, il Napoli risaliva dalla serie C1. Succede che Davide possa battere Golia, ma alcune volte sembra veramente impossibile. Era la fine del 2006, la Juventus era di scena al San Paolo e si presentava con diversi campioni del mondo come Buffon, Camoranesi, Del Piero, un mostro sacro come Nedved, un Chiellini in piena affermazione, insomma, una fuoriserie. Il Napoli era accompagnato da tanto entusiasmo per il campionato di serie B da disputare e per l’ottima campagna acquisti che aveva portato all’ombra del Vesuvio eccellenze della cadetteria come Bucchi e De Zerbi.
La Juve passò in vantaggio con Chiellini, il Napoli reagì con veemenza e autorevolezza pareggiando prima con una zampata proprio di Bucchi per poi passare in vantaggio nella ripresa con Calaiò che mise a sedere Buffon. Apoteosi. L’arciere era ancora protagonista dopo essere sceso in serie C1 per condurre il Napoli alla promozione con i suoi gol. Ma Del Piero, che un mese prima aveva segnato il gol decisivo che permise all’Italia di sbancare Dortmund contro i padroni di casa della Germania e guadagnarsi la finale di Berlino con la Francia, decise di prendere per mano la sua squadra e portarla avanti nella competizione. Da antologia il gol del 2-2. Fu il Napoli a sfiorare il tris con Pià che si divorò un gol solo davanti alla porta e, per la disperazione, si gettò a terra con Bucchi che andò subito a consolarlo. Ecco, fu quello il segreto, creare subito un gruppo che potesse compiere l’impresa di tenere testa ai campioni d’Italia e lottare per rendere solo di transizione quell’anno tra i cadetti.
Si andò ai supplementari. La Juve voleva vincere a tutti i costi, tant’è che, per accelerare i tempi, Camoranesi sferrò una manata sul volto di Montervino per sottrargli il pallone dalle mani e battere in fretta una punizione. Trefoloni non ebbe dubbi ad estrarre il rosso, Juve in dieci ma dopo qualche minuto fu ripristinata la parità numerica per l’espulsione di Grava. Era ormai il 120’, l’arbitro poteva assegnare massimo un minuto in più prima di decretare i rigori ma fu tutto inutile perché ancora Del Piero sembrò spezzare tutti i sogni di gloria di quel Napoli che poteva uscire dal campo con grande dignità. Sì, la dignità c’era stata, anche tanto cuore, che bisognava portare oltre l’ostacolo. In quello striminzito recupero almeno una azione si poteva creare, tanto valeva provarci.
Quel Napoli ci provò e Paolo Cannavaro, il fratello di colui che aveva alzato la Coppa del Mondo sotto il cielo di Berlino, con una semirovesciata gonfiò la rete. Increduli i giocatori della Juve e lo stesso difensore partenopeo che si portò le mani verso le tempie come a dire: “Che sta succedendo? Non ci credo”. I rigori arrisero al Napoli e la Juve incredibilmente e clamorosamente si ritrovò fuori dalla Coppa Italia. Ero in vacanza in Abruzzo, sentii la partita per radio, l’unico modo per seguirla. Dopo il secondo gol di Del Piero a tempo ormai scaduto, il mio migliore amico, juventino doc, fece una corsa per venire a casa mia e canzonarmi. Fui felice di aggiornarlo. Anche lui non credette a ciò che gli dicevo, volle accertarsi di persona, ma come era stato possibile?
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