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Minuto 70 di Lazio – Milan. Mihajlovic chiede a Menez di scaldarsi. Il francese si rifiuta e resta in panchina. L’allenatore in seconda Nenad Sakic si arma di diplomazia e si adopera, affinchè il numero 7 rossonero si prepari ad entrare in campo e il calciatore, finalmente, lo ascolta. Il resto è cronaca di gara: Menez entra e caracolla senza meta per il campo, perdendo più palloni di quanti ne riceva. A fine gara, Mihajlovic dirà: “Era svogliato? Ci penserò io a lui…”. Toni minacciosi che fanno presagire che il transalpino vedrà molto poco il campo, in quest’ultimo scorcio di stagione.
D’altronde, “FenoMenèz” ha dimostrato da sempre di essere una testa calda. Cresce in una ‘banlieu’ a Longjumeau, a sud di Parigi. Enfànt prodige del calcio d’oltralpe, tesserato da prima di compiere dieci anni col Sochaux, firma nel 2003 con la prima squadra a 16 anni, diventando il calciatore francese più giovane a farlo in Ligue 1. Di lì a poco, nel 2005, diventa anche il giocatore più giovane a segnare una tripletta in Ligue 1 (in soli 7 minuti). Un futuro roseo si staglia all’orizzonte, quando il Monaco lo porta a giocare nel Principato, concedendogli una vetrina importante. Vetrina che lo porta all’attenzione dei media e lo consacra come uno dei migliori talenti francesi, ricevendo anche gli endorsement di Zidane, che però lo accosta a Cassano e sottolinea di “non prendergli la testa”.
Un avvertimento inascoltato dalla Roma, che lo porta a giocare nella capitale nell’estate del 2008. Spalletti gli concede subito spazio, accostando Menez a Kakà per tecnica e velocità, ma sottolineando che “ha bisogno di crescere e trovare continuità”. Già, la continuità, un termine che ha sempre perseguitato Jeremy, genio, ma anche sregolatezza.
Come quando la panchina giallorossa viene occupata da Claudio Ranieri, nel 2009. L’attuale allenatore del Leicester capolista di Premier definì Menez “un diamante, capace di illuminare la Roma”. Ci avrebbe messo solo un paio di mesi a cambiare idea, a prendere coscienza che un tale talento, innamorato del dribbling, era capace di dribblare anche il suo stesso futuro da predestinato. Ranieri non sopporta l’atteggiamento di sufficienza di Menez e gli dice che se vuole può anche andarsene. Alla fine ad andarsene è lo stesso allenatore, che si dimette a febbraio, sostituito da Vincenzo Montella.
Anche con Montella, i rapporti sono tutt’altro che idilliaci. Menez a Roma si era già reso protagonista di alcuni episodi extra-calcistici di nota, come la rissa (in compagnia di Mexes) con alcuni tifosi laziali nel 2009. Una mezza rissa scatta anche con il compagno di squadra Marco Borriello, alla vigilia degli ottavi di Champions con lo Shaktar Donetsk, ma Montella stempera le polemiche. Salvo poi ricredersi, pure lui, e perdere la pazienza qualche tempo dopo, quando arriva a strattonare e spintonare Menez. E’ l’inizio della fine della storia d’amore con la Roma.
A fine stagione, l’ala francese torna in patria, stavolta al PSG milionario di Al-Khelaifi, con cui firma un contratto di 8 milioni a stagione più bonus. Tre stagioni all’ombra della Tour Eiffel e dei campioni che cominciano ad affollare le file dell’equipe. Ibra, Lavezzi, Pastore, Lucas Moura, Cavani sono compagni ingombranti col quale misurarsi.
Così, a fine 2014 e col contratto in scadenza, Galliani fiuta l’affare e lo porta a Milano. In maglia rossonera, firma la sua migliore stagione dal punto di vista realizzativo, con 16 reti messe a segno fino a fine aprile, quando di fatto si conclude il suo campionato. Il 29 aprile, infatti, durante Milan – Genoa (persa per 1-3 dai rossoneri), viene espulso per sbaglio dall’arbitro (il fallo era stato commesso da Mexes) e si rende protagonista di frasi ingiuriose al direttore di gara, sanzionate poi dal giudice sportivo con 4 giornate di squalifica. Poi i problemi alla schiena, l’operazione all’ernia e la lunga degenza. Fino al giorno di S. Valentino di quest’anno, quando Jeremy torna a giocare e a segnare: lo fa in Coppa Italia con l’Alessandria, mostrando orgoglioso con le mani il suo numero 7. Sembra l’uscita definitiva dal tunnel, ma Menez non è mai stato bravo a uscire dai tunnel, a lui piace farli. E così, da lì, zero presenze da titolare e una condizione da ritrovare. Poi l’episodio nella gara con la Lazio, che mina fortemente il suo futuro al Milan. Ma a Jeremy piace essere imprevedibile. Peccato che, talvolta, la cosa porti ad allontanarsi dal proprio talento.
Twitter: @Val_CohenLauri
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