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Servizio di Valerio Lauri ©riproduzione riservata
La prima volta non si scorda mai. Figurarsi se si tratta dell’esordio in Serie A o, semplicemente, di un debutto speciale. L’anno che va a richiudersi nel libro della storia ha lasciato il segno per molteplici motivi, con alcune storie curiose, altre commoventi e, ovviamente, altre che lasciano presagire sviluppi futuri di lustro. Elencare tutte le “prime volte” del 2016 nella massima serie italiana potrebbe risultare lungo e noioso. Ecco perchè abbiamo selezionato alcune delle storie più belle o significative dal punto di vista statistico.
Sembra passato un secolo, ma, nel turno dell’epifania, sulla panchina della Roma, sedeva ancora il francese Rudi Garcia, destinato a durare alla guida dei giallorossi solo un altro turno, prima che Spalletti ne rilevasse le mansioni. Il 6 gennaio, però, Rudi “Porompompero” Garcia si fa notare per un doppio debutto di giovani della Primavera. La Roma è alle prese con gli infortuni e in panchina trovano spazio alcuni elementi dalla giovanissima età. Tra questi, Lorenzo Di Livio (figlio d’arte del “Soldatino” Angelo) e Marco Tumminello. Il primo, classe ’97, subentra all’ennesimo acciaccato Salah e riesce a lasciare la sua impronta sul match con l’assist per il momentaneo 3-2 di Iago Falque. Il secondo, classe ’98, ha giusto il tempo di calcare il terreno di gioco e spizzare una palla di testa, nel convulso finale che sancisce il 3-3 coi clivensi. Adesso, per il primo si sono spalancate le porte della Serie B, con qualche presenza, mentre per il secondo c’è stato il ritorno alla Primavera giallorossa.
Piccolo salto temporale di tre mesi, arriviamo ad aprile. Nel Milan di Brocchi, in un ciclo di gare apparentemente (Verona, Carpi e Frosinone,) la squadra rossonera fatica a decollare. L’allenatore, al minuto 88 di Milan-Carpi, lancia al debutto Manuel Locatelli. Il centrocampista della Primavera aveva già fatto parlare di sé per le sue doti e trova la sua consacrazione il 14 maggio, scendendo in campo per la prima volta da titolare contro la Roma. A San Siro, finisce 3-1 per i giallorossi, ma il giovane Manuel è destinato a grandi cose, che arriveranno qualche mese dopo, con un nuovo tecnico in panchina. Vincenzo Montella, infatti, lo sceglierà per sostituire Riccardo Montolivo in cabina di regia, nella ripresa di Milan-Sassuolo. Coi suoi compagni sotto per 3-1, il classe ’98 si mette subito in luce, firmando una delle tre reti che sanciscono la rimonta rossonera sui neroverdi, con una botta di controbalzo dal limite all’incrocio. Da lì in poi, la panchina sarà solo un ricordo e Montella gli affiderà le chiavi del centrocampo con continuità. Solo venti giorni dopo la prima rete, arriverà anche la seconda e sarà decisiva: la staffilata con cui infila Buffon, infatti, permetterà ai rossoneri di battere di misura la Juventus. Il ragazzo avrà modo di versare lacrime di commozione anche qualche mese dopo, nella Supercoppa di dicembre, conquistando il primo trofeo. Fondamentale nell’ottenere ciò, l’apporto di un altro talento scuola Milan, che però ha avuto già modo di esordire nel 2015. Stiamo parlando ovviamente di Gigio Donnarumma, il portierone rossonero che, con la sua stoppata col braccio di richiamo, ha di fatto regalato il trofeo ai suoi. Il debutto di Donnarumma che vogliamo segnalare, però, è quello con la maglia della nazionale italiana, il 1° settembre 2016 contro la Francia. Buffon cede il posto a Donnarumma, in una sorta di staffetta generazionale e, coi 45 minuti disputati, Gigio diventa il portiere più giovane a vestire la maglia azzurra (17 anni, 6 mesi e 7 giorni). “Solo” terzo, invece, nella classifica dei debuttanti, dove regnano ancora incontrastati Renzo De Vecchi e Rodolfo Gavinelli (16 anni e 3 mesi).
Esattamente come Donnarumma, quest’anno è salito alle luci della ribalta anche un altro prezioso elemento della scuderia di Mino Raiola. Risponde al nome di Moise Bioty Kean, è italiano, è nato a Vercelli da genitori di origini ivoriane ed è il primo “calciatore del nuovo secolo ad esordire in Serie A. Sulla carta d’identità del talento della Juve, infatti, alla voce ‘anno di nascita’ si legge 2000. Il giovanissimo attaccante ha rilevato Mandzukic in Juventus-Pescara del 19 novembre, salvo poi togliersi la soddisfazione, di lì a poco, di esordire in maglia bianconera anche in Champions League. A livello statistico, però, lo scettro di calciatore più giovane ad aver esordito in Serie A nel 2016, spetta a Pietro Pellegri (15 anni, 9 mesi e 5 giorni nella gara col Torino), che in un solo colpo ha spazzato via anche il record assoluto di Amedeo Amadei, che resisteva da quasi 80 anni. Nella medesima serata dello Stadium, però, c’è stato un altro “debutto” di cui s’è parlato sicuramente molto meno: è quello di Alessandro Bruno, mediano del Pescara nativo di Benevento, che all’età di 33 anni si è tolto lo sfizio di calcare i campi della Serie A, beccandosi pure una ammonizione.
Non è stato l’unico calciatore ‘avanti con l’età’ a prendersi la scena dell’esordio. Maurizio Pugliesi, professione portiere, deve ringraziare Marco Giampaolo, suo allenatore all’Empoli, che il 15 maggio gli ha concesso di disputare la gara col Torino. Grazie alla presenza registrata all’età di 39 anni e 140 giorni, l’estremo difensore è diventato il giocatore più vecchio ad avere esordito in Serie A, scalzando Amilcar Barbuy, dopo circa 84 anni di primato assoluto.
Di tutt’altro tenore, ma non meno meritevoli, le storie di Andrea Nalini e Fabio Pisacane. Nalini è stato definito, con un paragone molto fantasioso, il Vardy italiano. L’analogia col calciatore inglese ,protagonista della favola Leicester, è quella di aver scalato le categorie dal calcio minore fino alla Serie A dove, grazie al Crotone, ha conosciuto l’esordio nella massima serie italiana. Vivere di calcio, militando in club non professionistici, è cosa piuttosto ardua, così Andrea, per mantenere la famiglia e credere ancora nel suo sogno, ha conosciuto il lavoro in fabbrica e quello di magazziniere. Sacrifici ripagati anche per Pisacane. Il difensore del Cagliari, cresciuto nelle giovanili del Genoa, ha dovuto fare i conti in giovane età con la sindrome di Guillain-Barrè, una malattia rara che ha rischiato di paralizzarlo in maniera letale. Poi la lenta risalita, che è passata anche per la nomina di ambasciatore del calcio pulito nel mondo da parte della Fifa, per aver rifiutato 50mila euro per una tentata combine dal Ds Buffone del Ravenna. Una delle migliori stagioni la vive in cadetteria dove, con la maglia dell’Avellino, conosce Massimo Rastelli, che se lo portà al Cagliari, trascinandolo in Serie A. Il 18 settembre 2016 è la SUA data da incorniciare, quell’esordio tanto agognato bagnato dalle lacrime del post-gara e celebrato ancor più della vittoria per 3-0 sull’Atalanta. I sogni son desideri, talvolta diventano pure realtà.
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