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Francesco è l’enciclopedia delle squadre romane. Ci presenta un’analisi paurosa delle squadre romane minuziosa a tal punto dal rasentare la perfezione.Ci ha confessato come ha abbandonato l’idea di tifoso per passare a quella di amante totale del nostro sport. Leggetela attentamente è un’analisi accattivante e stimolante del calcio nostrano.
- Lavori per Radio Radio segui Roma o Lazio o tutte e 2
Innanzitutto un saluto. Per la radio Seguo entrambe le romane, ma anche le partite più importanti di Juventus, Inter, Milan e Napoli. Non solo in campionato ovviamente, ho la fortuna di girare per la Champions e l’Europa League. Quindi speriamo vadano tutte avanti così avrò modo di girare di più per l’Europa.
- Cosa Ti convince e cosa non delle squadre romane quest’anno
La Roma sta viaggiando a velocità ridotta.Mi convince la qualità media dei giocatori che c’erano e di alcuni che sono arrivati e ho la speranza che riesca a rinascere il connubio con le idee interessanti di calcio proposte da Di Francesco. Non mi piace ancora però la consistenza tattica. Mancano ovviamente gli automatismi di un sistema di gioco differente,cambiato gioco forza perché le caratteristiche dei calciatori a disposizione,poco si confà con il 433. Però credo che l’allenatore stia arrivando ad una sua consapevolezza diversa: la squadra non è costruita per la continua aggressione alta della palla; o meglio: può farla, ma le uscite devono essere effettuate con i tempi perfetti, altrimenti si rischia che le caratteristiche di De Rossi, Nzonzi, Cristante, non ti permettano di recuperare all’indietro con rapidità. Della Lazio mi convince l’allenatore, anche se lo vorrei più coraggioso quando c’è da inventarsi qualcosa nelle partite bloccate. Mi convince ovviamente Immobile e alcuni acquisti come Berisha e Acerbi. Non mi convincono due principi: il fatto che non si possa avere un alter ego di Immobile e soprattutto un alter ego di Luis Alberto; grande invenzione dello scorso anno, ad oggi sembra accusare la concorrenza di Correa e Caicedo. Va troppo coccolato. E la mancanza di una vera alternativa al 1-3-5-1-1. La Lazio secondo me, in alcune partite (lo ha fatto per spezzoni) dovrebbe modificare il suo sistema di gioco per risultare più imprevedibile.
- Le voci su un possibile esonero di Di Francesco non sono troppo esagerate
Credo sia abituato a situazioni borderline. È arrivato tra lo scetticismo generale e nonostante il cammino impressionante in Champions, ha alternato ottime partite a cadute inaspettate. La Roma è passata lo scorso anno dalla semifinale con il Liverpool, al record negativo di sconfitte in casa. Un bipolarismo nei risultati che è frutto non solo, ma anche, dell’inesperienza ad alti livelli del tecnico. Ancora troppo insegnante e poco gestore. Lippi sostiene che arrivati ad un certo punto della propria carriera, sia molto più importante la parte extra campo, quella slegata dai sistemi di gioco, dalle mosse tattiche e le controproposte per limitare gli avversari. A Di Francesco probabilmente manca ancora questo scattino. La Roma è troppo altalenante. Il calendario era dalla sua parte in questo inizio di stagione ma non ne ha approfittato, regalando punti a quattro delle ultime 6 squadre. È normale che la società si interroghi. Quando le cose non vanno, il primo che salta è sempre il tecnico e di riflessioni, dentro Trigoria, ne sono state fatte. Ma cambiare per chi? C’è adesso libero un allenatore migliore di Di Francesco? Uno prendibile, non l’Antonio Conte sbandierato ma inavvicinabile. Uno sul quale far ripartire un progetto tecnico diverso. Se bisogna cambiare per cambiare, soprattutto a stagione in corso, tanto vale tenersi Eusebio. Magari coinvolgendolo di più sul mercato, per evitare di incasinargli la vita.
- Mercato Roma Ti ha convinto oppure no
Non del tutto. Il mercato di questa estate è stato il primo vero targato Monchi. Il Ds spagnolo era partito fortissimo, portando quasi tutti gli elementi prima del ritiro, acquistando giovani di prospettiva come Coric e Kluivert che mi piacciono molto, insieme a giocatori esperti come Pastore. Ha deciso poi di rivoluzionare il centrocampo, sia in termini di caratteristiche che di impatto mentale. Ha cercato di puntare sulla freschezza dei giovani e di scommettere sulle qualità tecniche di Pastore. Da lui però parte una riflessione: El Flaco forse rappresenta bene il modus operandi estivo: la ricerca dell’opportunità prima ancora dell’alchimia tattica rispetto al sistema di gioco di Di Francesco. Nel PSG l’ex Palermo ha fatto anche la mezzala, ma con compiti diversi rispetto a quelli che richiede l’allenatore giallorosso ai suoi interni, soprattutto in fase di non possesso palla. Forse la Roma è, passami il termine, troppo “spagnola” per il campionato italiano, non avendo i giocatori per interpretare quel tipo di calcio. Le cessioni sono un capitolo a parte: i bilanci parlano chiaro, la Roma utilizza il trading per cercare di mantenere una competitività; offerte come quella per Alisson avrebbero fatto vacillare tutti, o quasi (vedi De Laurentis o Lotito con Koulibaly e SMS), la storia tra Nainggolan e la Roma è stata passionale e traumatica. Il suo addio è slegato probabilmente a questioni tecniche, quindi magari soprassediamo. Malcom sarebbe stata la reincarnazione di quel benedetto esterno destro di piede mancino tanto richiesto dall’allenatore, nonostante la presenza di Under. Dall’aereo mai preso del brasiliano in poi però, si è inceppato qualcosa. Giorni di riflessione e virata su un centrocampista centrale alla Nzonzi e la cessione di Strootman a mercato chiuso. Sanguinosa, secondo me, non tanto sul lato tecnico – tattico, quanto più su quello emotivo e della personalità. Cedere un leader dello spogliatoio così, a cuor leggere, seppur non più decisivo in campo come quello pre tripla operazione al ginocchio, ha infuso un senso di transitorietà permanente che probabilmente bene non ha fatto a giovani e anziani del gruppo. Nel complesso quindi non so se la Roma si sia rinforzata o meno, di certo è cambiata, soprattutto nel più delicato dei reparti: il centrocampo. Se la scelta è stata azzeccata, ce lo dirà soltanto il campo.
- Obiettivi delle romane quest’anno
L’obiettivo minimo della Roma deve essere la Champions, tutti gli anni. Lo dicono tutti, in primis i dirigenti, per i quali la massima competizione europea è fondamentale per gli equilibri di bilancio e per ridurre il gioco di trading di calciatori, che comunque rimane un modus operandi, opinabile quanto vogliamo, ma che continua a tenere la squadra ad un livello medio-alto. Chiedere alla Roma di ripetere il cammino in Champions credo sia eccessivo. Ma il girone può, anzi deve passarlo, per poi vedere cosa succede e mirare a percorrere più km possibile. La Lazio deve puntare lo stesso obiettivo dei giallorossi: Inzaghi e i suoi giocatori non mi sorprendono più. I Biancocelesti hanno margini di crescita soprattutto perché alcuni di quelli che l’hanno portata a 15 minuti dal quarto posto, ancora devono iniziare. Anche lo scorso anno è stata per larga parte dentro la zona Europa che conta, per poi capitolare nelle ultime tre giornate, oltre a quello che tutti hanno visto in relazione ai torti arbitrali subiti nel girone d’andata. Ma c’è sempre l’Europa League, non ce la dimentichiamo eh. Sembra strano ma la Lazio può fare ancora meglio, magari non spegnendo la lampadina per quattro minuti come fatto a Salisburgo.
- Chi vedi favorita per il secondo posto
Al primo non ci pensiamo? No. Direi che è ancora prematuro, anche se ci sono alcune realtà che stanno cercando di attrezzarsi in caso di cataclisma bianconero, che però non credo ci sarà. Vista la campagna acquisti, la mia favorita a fine mercato era l’Inter, che nei pronostici ho messo avanti, seppur di poco, sulla compagine di Ancelotti. La squadra messa a disposizione di Spalletti mi intriga molto. Unisce fisicità e qualità, giovani ed esperti. Occhio a Lautaro Martinez. Ancora non si è espresso con continuità, ma ha le caratteristiche e la grinta per diventare un signor attaccante. L’Inter ci ha visto lungo con lui e raccoglierà i suoi frutti. De Laurentis invece si è portato a Castel Volturno l’Allenatore, con la A volutamente maiuscola. Nonostante quattro soli innesti di movimento rispetto al passato (Fabian Ruiz è tanta roba), il Napoli sembra avere una profondità di rosa maggiore. E questo alla lunga sarà un enorme vantaggio. Mi ha sorpreso come Carletto sia riuscito in poco tempo a plasmarsi la squadra, a renderla meno sarriana, rispettando però quello che di buono (e bello) ha lasciato l’allenatore del Chelsea. E poi ha un Milik che Sarri non ha mai avuto a regime. Per rimanere fedele alle mie convinzioni, dico ancora Inter, ma siamo 50,5 a 49,5.
- Mancini è l’uomo giusto per la nazionale
Peggio del predecessore sarà difficile fare. È un manager con palmares e trofei in bacheca. Certamente il suo passato gli conferisce l’aura del vincente. Allenare club è altra cosa, gestire, pretendere ed ottenere giocatori come Mancini ha sempre fatto in carriera, suona diverso dal dover trovare la soluzione in un bacino ristretto. L’inizio non è stato dei migliori, tanti esperimenti, diverse scelte opinabili tatticamente e ancora di più nelle convocazioni. Poi c’è stato quel goal nel recupero contro la Polonia. Una ventata di aria nuova, giovani come Barella che stanno emergendo e qualche barlume di gioco. Mancini sta gestendo la situazione più che creare ex novo uno spartito. Avrà bisogno di tempo per traghettare questo ricambio generazionale in corso. Il 2006 ci ha fatto urlare, abbracciarci e ubriacare di felicità, ma il nemico era dietro l’angolo. La vittoria è stata traditrice, ci siamo fermati a compiacerci allo specchio, senza pensare al futuro. Ed è per questo che la Nazionale maggiore, da sola, non basta. Serve una programmazione sui settori giovanili, urgono centri federali all’avanguardia ed insegnanti di calcio preparati. Solo così riusciremo a valorizzare al meglio i tanti millenials che si stanno affacciando al calcio dei grandi; da Kean a Tonali, passando per Riccardi, Bellanova, Cortinovis, Rosa, Armini solo per citarne alcuni. Prospetti ne abbiamo, non depauperiamoli.
- Var è un esperimento riuscito
L’inserimento della tecnologia è una di quelle innovazioni che hanno cambiato la storia e la percezione del calcio. Un po’ come quando nel 1992 si decise che il portiere non avrebbe più potuto bloccare con le mani i retropassaggi. Strumento perfettibile quello della Var, non indiscutibile e sicuramente in evoluzione come dimostrano i protocolli che annualmente cambiano per cercare di renderne l’esperienza migliore. Sarà impossibile azzerare gli errori durante le partite, ma averne ridotto il numero è già una grande conquista. Avete visto la Champions senza la tecnologia? Avete visto la Serie B? Piano piano si adegueranno tutti e sfido qualcuno dei nostri a voler tornare indietro. C’è ancora da lavorare su regole, applicazione e utilizzo, si fa spesso confusione, anche tra i giornalisti, su tempistiche e chiamate, ma viva la Var, anche se devi aspettare un minuto per esultare dopo il goal.
- Ultima domanda tifi per la Lazio o per la Roma
È una domanda che mi viene fatta spesso. Da piccolino tifavo Roma per andare dietro a mamma dato che fu lei la prima a portarmi dentro uno stadio, un Roma – Piacenza se non sbaglio. Però la mia passione da tifoso si è spenta anno dopo anno. Perché amo talmente tanto questo sport, lo studio in maniera talmente minuziosa e dettagliata che non mi viene proprio dal cuore. Ora mi emozionano gli eventi, le partite, le atmosfere. Ti racconto questa cosa: Seguendo le italiane in Champions, mi viene proprio naturale “tifare” le italiane; mi immedesimo nel raccontarle e mi fomento ai loro goal. Ho avuto i brividi con Dybala in Juventus – Barcellona 3-0, la pelle d’oca durante l’urlo del San Paolo nel preliminare Napoli – Nizza, San Siro stracolmo nel derby è stata un’altra bella scossa di adrenalina. Per cui il tifo non fa più parte di me. È un discorso che vorrei poter estendere a tutto il mondo del giornalismo. Sempre più parziale e poco obiettivo, non solo in ambito sportivo. Magari alla prossima intervista J .
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