Views: 1
Servizio di Stefano Sica @riproduzione riservata
Fine anno all’Old Rope di Rocco Pellino per la C. Frattese edizione 2017/18. Lunedì sera è stato il momento della classica cena di saluti per la truppa di Ciaramella, alla presenza di tutto il gotha dirigenziale guidato dal presidente Rocco D’Errico, dal vice Antonio Lamberti e dal Dg Andrea Baldi, accompagnati dai dirigenti Biagio Auletta, Pasquale Falco e Alessandro Ferro nonché dalle massime cariche tecniche come il Ds Marco De Simone ed il responsabile del vivaio Davide Ozzella. Volti sorridenti e consapevoli di aver messo un primo mattone nella ricostruzione di un prodotto calcio che, solo un anno fa, sembrava sul punto di collassare. E poi la certezza generale di aver disputato un campionato più che soddisfacente. Perché, seppure la coda degli spareggi è sfumata dopo averla sognata a lungo, si è andati comunque al di là di ogni aspettativa iniziale. Ed è questo il senso del ragionamento fatto in esclusiva a FootballWeb da Marco De Simone. Migliorarsi sempre più, con umiltà e con un respiro lungo. Senza pressioni. Perchè questa Frattese, in fin dei conti, è solo un bimbo che ha imparato da poco a camminare.
A inizio luglio la nascita e i vostri primi passi: dieci mesi dopo, qual è il tuo bilancio di questa bella full immersion?
“Il bilancio è complessivamente positivo. Non era facile tornare in una piazza dove avevo già vinto due campionati. Se ho fatto questa scelta, è perché mi ha stimolato l’entusiasmo di un gruppo di amici che ha voluto fortemente coinvolgermi in questa seconda avventura. Partire non è stata una passeggiata di salute anche perché abbiamo ereditato le gesta della vecchia Frattese. E i tifosi, almeno nelle primissime settimane, nutrivano sempre la speranza che quella società potesse tornare sul territorio. Ma anche sotto l’aspetto tecnico la nostra partenza è stata tutta in salita: sfido chiunque ad allestire un gruppo dignitoso in appena 15 giorni. In queste categorie, i pezzi pregiati si accasano subito. E poi la fretta può farti commettere errori, senza contare che dovevamo ancora risolvere la vicenda Ianniello. Intanto, però, è doveroso ringraziare la società che mi ha permesso di puntare ancora una volta sul nostro capitano di sempre, Costanzo. Claudio è stato il faro attorno al quale costruire questo progetto. Mi piace fare similitudini col Napoli del 2004, le difficoltà sono grosso modo quelle”.
Siete andati oltre i vostri obiettivi di partenza…
“Noi eravamo stati chiari nella conferenza stampa di presentazione: dovevamo solo gettare della basi per poter poi costruire qualcosa di importante per il futuro. Un’estate fa eravamo a caccia di un titolo per far rinascere il calcio a Frattamaggiore. Una ricerca che ha comportato una spesa. Ora questo titolo lo abbiamo, siamo più forti e possiamo teoricamente investire qualcosa in più sulla squadra”.
Qual è stata la tua scommessa più riuscita?
“Ogni progetto deve fondarsi sul timoniere giusto. Ho puntato su un allenatore che veniva da una retrocessione col San Tommaso. Non era facile inserirlo in una piazza che aveva vissuto alcuni anni di D, e pure di vertice. Giocoforza nessuno accettava, almeno inizialmente, di separarsi dalla vecchia società. Noi eravamo il Casalnuovo Frattese, una realtà nuova che per giunta ripartiva da una categoria inferiore. Insomma, su Ciaramella c’ho messo la faccia: volevo un profilo che mi facesse crescere dei giovani. Nel girone di andata, devo dire che li ha valorizzati bene. Nel girone di ritorno mi sarei aspettato qualcosa in più in questo senso. Specie quando oramai non avevamo più obiettivi. Peraltro, tra infortuni e squalifiche, la rosa era abbastanza limitata. Abbiamo inserito alcuni ragazzi della Juniores e, a maggior ragione, mi sarei atteso un maggior utilizzo dei giovani. Anche perché la società aveva abbandonato particolari pretese di classifica e i tifosi stessi ormai si erano inseriti nel nostro discorso progettuale. Ciaramella in questo ha aspettato un po’”.
Alle spalle delle grandi ci siete voi: il bicchiere non può non essere mezzo pieno nonostante un girone di ritorno altalenante.
“Tirando le somme, è stato fatto un campionato importante. Davanti ci sono arrivate squadre più attrezzate, e con un costo generale superiore, come Savoia, Afragolese, Puteolana e Casoria. Bisogna fare i complimenti soprattutto al Casoria, la vera rivelazione di questo quartetto. I viola hanno un allenatore navigato, un gran bel gruppo, under molto bravi ed elementi di valore come Foti, Gioielli, Simonetti e tanti altri tra cui lo stesso Sperandeo prima che si infortunasse. Hanno messo in campo quell’entusiasmo che ti deriva da un campionato vincente. Hanno un po’ ripetuto il nostro cammino, quando in Eccellenza facemmo cose incredibili dopo aver vinto un campionato di Promozione. Ricordo, comunque, che ci siamo messi alle spalle anche San Giorgio, Maddalonese e Giugliano che hanno potuto contare su mezzi economici diversi dai nostri”.
Che futuro attende la Frattese?
“Ritorno ad un anno fa: eravamo un corpo estraneo a Frattamaggiore e io che sono frattese lo so. Ora ci trasformeremo in Frattese 1928 e siamo l’unico punto di riferimento della città. Direi che i passi avanti sono stati giganteschi, un segnale forte alla tifoseria è stato dato. Il presidente è alla ricerca di altri amici che possano supportarlo al fine di creare una società più solida. Se quest’anno abbiamo puntato principalmente sulla salvezza, il prossimo dovremo alzare l’asticella ponendoci almeno l’obiettivo dei play-off. Solo così potremo aumentare l’entusiasmo di una piazza che si aspetta tanto da noi e che, in fin dei conti, vuole un progetto vincente. Stavolta avremo il tempo materiale per farlo perché si partirà in anticipo e con una società che avrà più tempo per ristrutturarsi. Comunque tutti questi ragionamenti li posso fare perché esiste una proprietà che mi sta dando la possibilità di farli. Ecco perché mi preme ringraziare i miei dirigenti per avermi permesso di lavorare con loro e di far parte di questo progetto. Persone perbene che mi hanno fatto operare senza assilli, in assoluta tranquillità. E poi ringrazio i tifosi, la mia gente. Per loro ho un grandissimo rispetto”.
Hai parlato di Costanzo come faro di questo progetto. Si ripartirà ancora dal capitano di mille battaglie?
“Noi vorremmo ripartire da una base di almeno cinque elementi, tenendo comunque presente che la priorità sarà quella di pescare under bravi. La costruzione di una squadra forte parte da un nucleo di giovani validi. Su Claudio inutile soffermarsi: per me questo progetto non può prescindere da lui. E’ un frattese doc, uno attaccato davvero a questa maglia. La sua presenza ci dà anche credibilità verso la piazza. Per me è pure più facile convincere tanti giocatori a venire qui, perché anche in passato in molti manifestavano la soddisfazione nel poter giocare al suo fianco. E poi in questa categoria può ancora fare la differenza, è un nostro pilastro, un leader per i compagni per l’esempio di professionalità che dà quotidianamente. A mio avviso lui ha ancora tanta voglia di continuare, quella che gli feci tornare io sette anni fa quando pensò di smettere. Lui voleva fare solo l’avvocato ma, calcisticamente, è stato come il vino buono: è migliorato invecchiando. Ora lo vedo persino più motivato, forse perché sa che è all’epilogo di una carriera straordinaria e vuole godersi tutto fino in fondo. Io ebbi proprio queste sensazioni a fine carriera”.
Solo il regolamento vi ha condannato a non disputare i play-off.
“A mio avviso bisognerebbe eliminare la normativa che priva la quinta classificata di disputare gli spareggi nel caso di arrivo a -10 dalla seconda. Un motivo c’è: non tutte le società possono permettersi di alzare l’asticella sotto l’aspetto economico. Non bisogna togliere meriti a chi magari è partito con qualche handicap ma poi è riuscito a fare cose strepitose. Comunque la seconda godrebbe sempre di due risultati su tre. Un’altra riforma da apportare riguarda le sostituzioni: coi cinque cambi, è necessario allungare la panchina portando, nel caso, le riserve ad 11 unità. Bisogna agevolare la gestione di un gruppo. In alcune partite si è costretti a mandare degli over in tribuna per lasciare spazio agli under. Una proprietà che ha investito su qualche elemento non può essere soddisfatta di quello che magari, per un tecnico, diventa una antipatica costrizione. Il discorso è anche tattico: un allenatore può preparare una gara con delle idee definite, ma poi accorgersi in corso d’opera che servono dei correttivi che forse non ha previsto”.
Se ti dicessi che è stato fatto un buon mercato di riparazione in difesa e a centrocampo, ma insufficiente in avanti, cosa mi rispondi?
“Se guardiamo alla tabella dei gol fatti, siamo quinti anche in questo. Non dimentichiamo che abbiamo dovuto rinunciare improvvisamente a Spilabotte, uno che aveva già segnato tanto e avrebbe potuto girare tranquillamente in doppia cifra. Ma, come dicevo prima, credo sempre che le squadre si costruiscano intorno ad under di valore. Ecco, partire nei tempi giusti mi sarà di aiuto perché avrò il tempo di monitorare raduni e partite in cui potrò valutare quei giovani in grado di far parte di un progetto come il nostro. Il cerchio si allargherà riguardo l’inserimento dei 2000 e dei 2001. Non nascondo, però, che già abbiamo un buon materiale in casa tra i 2000. Penso a Fusco, convocato al Torneo delle Regioni e alla Roma Caput Mundi, Bassi, un buon centrale difensivo che ha giocato anche domenica a Volla, e Palladino, un centrocampista ben strutturato. E poi i due Capasso, uno 2000 e l’altro 2001. Ripeto, ci sarà una base di over confermata e immagino di prendere un elemento esperto per reparto che possa fare la differenza. Certamente mi rendo conto che davanti serviranno almeno due elementi forti”.
I giovani, argomento dolente emerso dal recente flop delle nostre rappresentative al Torneo delle Regioni…
“Io ho maturato un po’ di esperienza nel vivaio del Giugliano e nello scouting della Ternana. Due società che hanno portato loro giocatori in serie A. Le rappresentative vanno strutturate a settembre, è quello il mese in cui si allestisce un gruppo. Occorrono almeno cinque osservatori capaci di attivarsi a 360°, magari guardando più partite al giorno. Tutti devono essere diretti da un coordinatore e, infine, c’è la scelta di allenatori veri, di professione. Qui subentra l’aspetto economico e la necessità di indirizzare risorse verso questi obiettivi. Non bastano i rimborsi, ci vogliono ingaggi veri e propri. Questo se davvero si vuole chiedere lo sforzo a chi di dovere di garantire aggiornamenti costanti, relazioni e banche dati comprensive di tutte le caratteristiche dei ragazzi nel dettaglio. Mensilmente servono poi riunioni tecniche tra tutti questi soggetti all’interno di un tavolo operativo che genera un confronto continuo. Se una squadra di vertice non ha avuto propri convocati, vuol dire che c’è un problema di fondo. Anche i raduni delle rappresentative devono essere frequenti, quasi mensili. E alla presenza degli osservatori e del coordinatore”.
Lascia un commento