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Non ha molto senso arrivare in anticipo se poi, dopo un quarto d’ora, si chiude baracca e burattini. Meglio arrivare in ritardo, come ha fatto il Milan: a Doha e in partita. Hanno deciso i rigori, epilogo che si tira sempre dietro una nuvola di lotteria, ma il verdetto globale non è iniquo. Tutt’altro.
La solita Juventus, subito a segno (con Chiellini) e subito dopo in trincea o quasi. Per Allegri, i problemi sono due. Il primo riguarda i terzini: uscito Alex Sandro, è «entrato» Suso, e ha sabotato la trama. La palla del pareggio e molto altro: povero Evra. A destra, in compenso, Lichtsteiner ha sofferto Bonaventura, che del pareggio, non a caso, è stato l’autore.
Il secondo (problema) riguarda l’altalena Pjanic-Dybala. Verrebbe da dire, rovesciando il celeberrimo detto, meglio un «morto» che due feriti. Meglio una scelta netta di una (troppo) bipartisan. E occhio alle tre punte: dal salotto sembrano viagra, ma mettevi nei panni degli sherpa che, a centrocampo, devono trasportarne gli zaini.
La chiave di Montella coinvolge le «ali», Suso e Bonaventura, «ali» naturalmente adeguate alle esigenze del calcio moderno. In attesa del closing, Berlusconi può così festeggiare il 29° trofeo del suo trentennio. Tanti quanti il mitico Santiago Bernabeu: sul piano numerico, almeno. La gioventù e l’anima italiana hanno portato il Milan oltre i propri limiti. Romagnoli (traversa) e Bacca stavano per scongiurare i supplementari, Dybala stava per scongiurare i rigori. Ecco: alla Juventus è mancata la differenza di Higuain e di Dybala (anche se sul rigore, va da sé, la complicità di Donnarumma è stata enorme). Per la cronaca, e per la storia, il penalty decisivo se l’era preso, e l’ha realizzato, Mario Pasalic, classe 1995.
Complimenti al Milan, e buon Natale a tutti.
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