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Intervista di Michele Pisani @riproduzione riservata
Amarcord. Altro appuntamento con la storia. Questa volta parliamo di un allenatore e di una grande impresa. Il sipario si alza e va in scena il film di una stagione, di una impresa che tutta l’Italia calcistica conosce. E come scriviamo spesso, venghino siori e siori. Altro giro, altra corsa. L’altalena delle emozioni ci porta indietro nel tempo di trent’anni. Questa è la storia di un lupo ed un leone. Facciamo entrare il lupo. Correva l’anno 1980-81, fu il settantanovesimo campionato di calcio italiano, il quarantanovesimo giocato a girone unico. Il terzo della storia dell’Avellino in massima serie. Nei due precedenti tornei la compagine irpina riuscì a salvarsi. Due vittorie, due scudetti per la piccola provincia campana che sfidava le grandi senza alcun timore reverenziale. Lo stadio era stracolmo di gente che arrivava da tutta Italia e spesso anche dall’estero per sostenere una città ed il suo orgoglio. Le difficoltà non mancavano ed erano di per sé tante ma una storia di calcio scommesse aggiunse ulteriore pathos. La controversa stagione precedente aveva lasciato più di un segno sul campionato. L’Italia calcistica, in quella turbolenta estate, fu colpita dallo scandalo legato al totonero che portò alla retrocessione del Milan e alla penalizzazione di tre squadre, Avellino, Bologna e Perugia, costrette a partire da quota meno cinque. Una penalizzazione che rese più aspra la lotta per la salvezza. Il lupo è ferito nell’orgoglio ma non intende cedere, non intende arrendersi. Troppa è stata la fatica per riuscire ad arrivare in alto. Ci vuole una scossa, una grande squadra ed un grande campionato per evitare di capitolare e troppo presto. Il calcio che conta è stato un traguardo sudato e meritato. Questa è la storia di un lupo e di un leone. Facciamo entrare il leone. Luís Vinícius de Menezes, meglio conosciuto con il nome di Luís Vinício è un allenatore di calcio. Ex calciatore di Napoli, si guadagnò presto il soprannome di ‘O lione da parte del pubblico partenopeo, Bologna, Vicenza ed Inter ha già allenato in massima serie Napoli e Lazio.
E’ l’ uomo giusto al momento giusto. Giunse all’ombra del Partenio nel tentativo di compiere una impresa disperata. “In effetti non era facile. Allora la vittoria valeva solo due punti e non come adesso, sembrava una impresa titanica ma facemmo davvero un grande campionato meritando la salvezza”. Come allenatore ha avuto tante soddisfazioni, nell’ordine come considera la salvezza con i lupi ? “Credo che sia stata una delle esperienze più belle della mia carriera. Fu una stagione indimenticabile. Avemmo un sacco di difficoltà e non per ultima la sciagura che colpì l’intera Irpinia e parlo del terremoto. Davvero una sofferenza indicibile per tutte quelle persone. Il freddo e le difficoltà. Ricordo tutto ma posso dire che alla fine della stagione regalammo un grande sorriso a quella magnifica gente”. Che ricordo ha dei tifosi avellinesi ? “Un ricordo indelebile. La loro forza era qualcosa di innaturale. In casa ci facevamo rispettare e non solo per il valore dei giocatori. Avevamo una missione e quando entravamo in campo capivamo perché valeva la pena di vincere”. Il Partenio e la sua legge. “Tutto vero quello che si dice. Gli avversari sapevano che quando si giocava da noi non era per nulla facile. Anche le squadre blasonate avevano n certo timore nell’affrontarci e sin dagli spogliatoi avvertivano un certo impaccio. Va detto che non è marito solo dei giocatori ma del pubblico ed anche di tutto lo staff che era sempre vicino alla squadra”. Il momento più importante, quello che le fece capire che avreste fatto l’ impresa. “Eravamo fiduciosi, giocavamo bene e sapevamo che potevamo confrontarci con tutti. Durante la stagione in più di una occasione ebbi la sensazione che avremmo raggiunto la salvezza ma è chiaro che solo la gara con la Roma al Partenio mi diede la certezza.” Parliamo di quella gara. “La Juventus non doveva vincere con la Fiorentina e la Roma batterci al Partenio. Era di per sé una impresa difficile ma i giallorossi passarono in vantaggio con Falcao nei primi minuti di gioco. Rispondemmo con una bellissima punizione di Venturini. Alla fine il risultato non cambiò e fu il pareggio che ci fece salvare”. Lei ha lasciato tanti bei ricordi, giocatori che la stimavano ma su tutti c’è Lorenzo Ferrante che proprio la settimana scorsa ha raccontato di un bel gesto nei suoi confronti. “Me lo saluti caldamente, lo abbracci da parte mia. Un bravo ragazzo ma tutti erano cosi”. Non poteva mancare Sibilia. “Un uomo difficile. Non era facile andare d’accordo con il commendatore. Andai via al secondo anno come tutti sapete per poi ritornare in seguito nell’ottantasei”. Infine e non per ultimo il suo Juary, fu lei a volerlo. “Si. Lo volli io ad Avellino. Giocava in Messico ma era un brasiliano come me. Mi piaceva come giocava ed ero sicuro che avrebbe fatto bene”. Come era successo con Boscolo anche Vinicio era intento a fare le valigie. Aveva un aereo da prendere ma l’ amore per l’Avellino non ha limiti. Una intervista veloce, sul filo di lana. Questa è la storia di un lupo e di un leone. Questa è la storia di un miracolo calcistico, questa è Avellino.
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